I colori di Lisbona riflessi nelle sue piastrelle

Una tipica piastrella (azulejo) portoghese nel centro di Lisbona. Foto di Guardafuori

Una tipica piastrella (azulejo) portoghese nel centro di Lisbona. Foto di Guardafuori

“Piastrella”, in portoghese, si dice “azulejo”. E a Lisbona e dintorni, la parola la si trova a ogni angolo del centro storico, scritta a caratteri cubitali sulle tendine dei negozi di souvenir, arroccati fra viuzze sconquassate e palazzi decadenti. Alcune sono “originali”, vere e proprie opere d’arte dai colori sgargianti – quelle gialle e azzurre sono le più caratteristiche -, altre sono tentativi di riproduzioni più o meno riusciti.

Le piastrelle in vendita nei negozi di souvenir a Mouraria

Le piastrelle in vendita nei negozi di souvenir a Mouraria

Dai negozi di souvenir ai palazzi. Perché è qui che le piastrelle, più che sugli scaffali, incantano gli occhi. A Lisbona, l’insieme di piccole tessere e di colori sgargianti si mischia a una decadenza affascinante. Nella parte bassa delle facciate delle case, le piastrelle – tranne che in rari casi – sono scrostate, scalfite. Alcune si staccano e giacciono lì, sui marciapiedi, calpestate dal via vai dei turisti o degli abitanti che paiono non farci quasi caso. Ma nelle parti che superano i primi piani, gli azulejos si presentano in tutta la loro bellezza. Greche bianche su sfondo blu, piante stilizzate in verde o arancione su sfondo bianco. Geometrie che si rincorrono per metri e metri, stuzzicate dal sole di giorno e raffreddate dal vento fresco la sera.

A definire questi disegni su forma quadrata è stato l’artista Raul Lino, agli inizi del ‘900. Prima, la tradizione delle piastrelle della penisola iberica, si atteneva a forme più tondeggianti, quelle portate in Europa dagli arabi con il nome di alicatados. Le decorazioni hanno conosciuto una fase di declino sotto la dittatura di Antonio Salazar (dal 1936 al 1968) che aveva vietato frivolezze e forme d’arte troppo allegre. Ma gli azulejos sono sopravvissuti al tempo e alla repressione del potere conservando un fascino che anni di oppressione non hanno potuto cancellare. Tutta la loro storia è racchiusa in una vera e propria istituzione cittadina: il Museu Nacional do Azulejo dove si scoprono trucchi per la realizzazione delle tessere più famose d’Europa e si imparano tempistiche, storie e curiosità tipiche della loro lavorazione.

Per quella che molti chiamano “una caccia in città”, le mete da non perdere sono il quartiere di Mouraria, nel cuore del centro storico, dove fra vie strettissime e panni stesi all’aperto si trovano gli azulejos più caratteristici. Poi su, fino al Castelo de Sao Jorge, dove, appena prima delle mura c’è il negozio di piastrelle più famoso di Lisbona: Loja, Azulejo Handmade by Us. Vietato fare foto, ma è una regola che bisogna seguire perché qui si realizzano le piastrelle tipiche, quelle che la concorrenza non deve aver modo di copiare. Anche nelle vie che portano alla piazza del Commercio si possono trovare edifici che catturano l’attenzione con i loro colori, così come proseguendo verso la zona – sempre centralissima- di Restauradores dove bisogna fare una tappa alla Casa do Alentejo, una chicca nascosta che in pochi conoscono. Senza dimenticare la metropolitana, dove ogni stazione è un’opera d’arte. A pochi metri di distanza, nel quartiere Chiado, i palazzi sono tutti piastrellati e dentro alla birreria Trinidadsembra di stare in una galleria d’arte.

Nelle gite fuori porta, da non perdere, per i cacciatori di azulejos, c’è Sintra. Il suo Palazzo Pena, con le mura gialle, rosse e azzurre, racchiude al suo interno sale piastrellate che lasciano senza fiato, oltre che un chiostro dove si trovano azulejos unici. Nella gallery (qui sotto) alcuni esempi scelti da Guardafuori

 

 

 

Rio 2016, un account Instagram da seguire

Volete vedere gli scatti migliori? Abbracci fra rivali? Atleti sospesi a mezz’aria o mezz’acqua? Allora c’è un account Instagram che dovete seguire: @nytmills, di Doug Mills per il New York Times. Il giornale statunitense ha deciso di raccontare le Olimpiadi con tutti i mezzi a disposizione, dalle pagine di carta, al sito, fino al social di foto che – dal 3 agosto – dà  la possibilità di creare storie (di video e scatti) della durata di 24 ore, proprio come già faceva Snapchat, con cui ora la competizione è serratissima.

Mills è un esperto di Olimpiadi. È capace di seguire gli atleti nelle fasi più delicate, sa quando sembrano “umani” davanti alla macchina fotografica. Come è accaduto il 4 agosto, mentre immortalava l’abbraccio fra la nuotatrice americana Melissa “Missy” Franklin e quella di Hong Kong Sze Hangyu alla fine di un allenamento. (Lo scatto qui sotto)


Mills fa parte della squadra di quattro fotografi incaricati dal New York Times di regalare scatti memorabili da questi giochi olimpici. Fra loro anche Chang W. Lee (@nytchangster), un professionista quando si tratta di catturare l’attimo preciso in cui i ginnasti spiccano il volo da una parallela all’altra. (Come mostra questa foto)


Gli altri potrete scoprirli nei prossimi giorni, seguendo la pagina Instagram @nytimes. L’hashtag a cui infotografi si rifaranno è #ReportingFromRio, già attivo da un paio di giorni. E se queste sono le premesse, saranno delle grandi Olimpiadi, anche di foto.