Una settimana di allarmi. Il primo, di carattere metereologico, nel Nord America. New York, Boston e il Maine sono stati colpiti da una tempesta di neve, uno snowstorm, che il sindaco della Grande Mela ha definito “la più grande nevicata della storia”. In realtà i danni sono stati più contenuti del previsto, merito anche delle misure preventive adottate. Un insieme di meravigliose foto sui media nazionali, internazionali e su Instagram ha raccontato, più delle parole, la grande tempesta di neve di inizio 2015.
Un allarme di diverso tipo quello della Nigeria. Il gruppo di fanatici islamici di Boko Haram ha attaccato altri villaggi e rapito nuovi ostaggi. Sono stati invece liberati alcuni dei bambini rapiti a inizio gennaio dall’organizzazione terroristica. Chi è riuscito a fuggire trascorre la propria vita nei campi per rifugiati, in attesa che la furia di Boko Haram si sposti altrove, se mai questo accadrà.
Un allarme politico è quello che contraddistingue, invece, l’Europa. Il movimento della sinistra radicale greca, Syriza, guidata dal giovane Alexis Tsipras ha trionfato nelle elezioni di domenica scorsa. Una vittoria al grido di “no austerity” che fa tremare l’Europa e in particolare Angela Merkel. Tsipras, ha dichiarato guerra aperta alla Troika europea e ha promesso una ripresa economica della Grecia in tempi brevi per dimostrare che l’austerità è tutt’altro che la soluzione giusta.
Allarmi anche in Ucraina dove il conflitto tra filorussi e l’esercito ucraino si è riaperto. Solo il 29 gennaio sono morti 5 soldati ucraini. Il Consigli Europeo si è riunito e ha deciso di agire con nuove sanzioni alla Russia estendendo la “lista nera” dei privati russi che ricoprono un ruolo fondamentale nel finanziare i militari di Mosca contro Kiev. Adottate anche misure per reagire alla propaganda e alla contro informazione russa così da fornire i mezzi necessari per un’informazione di media indipendenti e democratici nella regione del Partenariato orientale.
A Kobane l’emergenza è, questa volta, per l’Isis. Il 27 gennaio i loro avversari, i peshmerga curdi, hanno liberto la città siriana dai miliziani jihadisti dopo ben quattro mesi di combattimento e 1800 morti. Fra questi la maggior parte sarebbero combattenti dell’Isis aiutati dagli ormai noti foreign fighters. Arrivano, per sposare al causa della guerra santa, da Australia, Belgio, Francia e altre parti dell’Occidente. In Turchia migliaia di curdi sono scesi in strada per festeggiare la liberazione della città che ha rappresentato la resistenza del loro popolo. Il gesto non è stato gradito dal presidente Erdogan che ha ribadito di non volere che in Siria si proclami una regione autonoma curda come già successo in Iraq.
Infine, un’emergenza di stile. Michelle Obama, la first lady, ha commesso una gaffe a Riad, in Arabia Saudita, dove si trovava con il marito Barack Obama per omaggiare lo scomparso re Abdullah e conoscere il nuovo sovrano Salman. Pare che Michelle si sia dimenticata, o non abbia proprio voluto, coprirsi il capo come stabilito dalle leggi locali. Niente velo dunque, e per di più un bel vestito di un blu acceso. Altro errore, come sottolineano perentori i quotidiani arabi. Il paese è ancora in lutto e un abito nero e sobrio sarebbe stato decisamente meglio.
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