Eliott Erwitt è un genio. Niente di meno. Solo lui, nell’intera storia della fotografia, ha avuto idee tanto diverse l’una dall’altra. E le ha realizzate tutte. Guardare le sue foto è come viaggiare: si passa dal North Carolina degli anni ’50, dove i rubinetti per bianchi e per neri erano separati, a una vastissima gamma di cani saltellanti. Da una selva di natiche nude, alle boccacce e alle smorfie dei soldati americani, per poi sfumare sul sorriso di Marilyn Monroe. Il panorama è vasto, il viaggio del fotografo lungo.
Tutto inizia nel 1928, a Parigi, dove Erwitt nasce, in una famiglia di ebrei russi. Il destino del fotografo è quello di girovagare, prima in Italia, dove i genitori si trasferiscono fino al 1938, poi negli Usa che diventano la sua casa quando il fascismo fa scappare la famiglia dall’Europa. Appena in tempo. Crescendo Erwitt capisce che ad interessarlo, più di ogni altra cosa, è l’arte. Solo immortalare scene di vita quotidiana, e renderle uniche, lo soddisfa. E così, sono presto spiegati gli studi di fotografia e cinema a Los Angeles, al City College. Ma una vita fatta di teoria e qualche clic non sarebbero mai bastati a quel giovane artista. E a far scattare la magia, ci pensò la Storia. Gli Usa vennero travolti dalla guerra eD Erwitt prestò servizio nell’esercito, ma non come soldato vero e proprio, come fotografo. I suoi scatti, semplici e diretti, sempre in bianco e nero, conquistarono la Magnum Photos che lo volle fra le sue “firme” nel 1953. Così come lo vollero molte delle grandi marche di moda, perché Erwitt ha sempre avuto una capacità unica di rendere iconico tutto quello che finiva davanti al suo obiettivo. Nelle sue mani, la macchina fotografica riesce a rendere unico un bacio fra due amanti, un gruppo di cani o una tranquilla mattina di fastidiosa pioggia a Parigi. Un salto diventa un volo, un sorriso un gioiello e un nudo uno stile da imitare.
Ecco perché Erwitt è un genio, perché la sua parabola – anche se non è giusto chiamarla così – non scende mai. Non c’è una foto per cui sia famoso. Ci sono almeno dieci foto, per cui è celebre. Certo, quella dei due lavandini, uno per i bianchi e uno per i neri è annoverata da più di un autorevole elenco come le “10 foto che hanno cambiato il mondo”, e su questo pochi dubbi.
Ma non hanno cambiato il mondo i due amanti sotto la Tour Eiffel? Non hanno fatto capire che qualsiasi storia può essere felice? Non hanno cambiato la prospettiva i vecchietti nudi che sorridono beffardi dietro l’obiettivo? Chi mai era stato così irriverente? E i cani? Chi mai aveva reso dei cani i protagonisti indiscussi di un’opera d’arte? Nessuno. Anzi lui, Eliott Erwitt che di sé, però dice, con l’umiltà tipica dei grandi: “Spero che la mia miglior foto debba ancora scattarla”.