Speciale fotografi famosi #4 – Eliott Erwitt, fra soldati, cani e gente nuda

Elliott Erwitt, il fotografo statunitense che ha cambiato il modo di guardare le cose. Oggi ha 87 anni. Uno dei suoi motti: "L'arte è veloce, ma il liquore lo è di più".

Elliott Erwitt, il fotografo statunitense che ha cambiato il modo di guardare le cose. Oggi ha 87 anni. Uno dei suoi motti: “L’arte è veloce, ma il liquore lo è di più”.

Eliott Erwitt è un genio. Niente di meno. Solo lui, nell’intera storia della fotografia, ha avuto idee tanto diverse l’una dall’altra. E le ha realizzate tutte. Guardare le sue foto è come viaggiare: si passa dal North Carolina degli anni ’50, dove i rubinetti per bianchi e per neri erano separati, a una vastissima gamma di cani saltellanti. Da una selva di natiche nude, alle boccacce e alle smorfie dei soldati americani, per poi sfumare sul sorriso di Marilyn Monroe. Il panorama è vasto, il viaggio del fotografo lungo.

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Un soldato irriverente, aspetto tragicomico della guerra. Scatto realizzato come fotografo dell’esercito statunitense, anni ’50.

Tutto inizia nel 1928, a Parigi, dove Erwitt nasce, in una famiglia di ebrei russi. Il destino del fotografo è quello di girovagare, prima in Italia, dove i genitori si trasferiscono fino al 1938, poi negli Usa che diventano la sua casa quando il fascismo fa scappare la famiglia dall’Europa. Appena in tempo. Crescendo Erwitt capisce che ad interessarlo, più di ogni altra cosa, è l’arte. Solo immortalare scene di vita quotidiana, e renderle uniche, lo soddisfa. E così, sono presto spiegati gli studi di fotografia e cinema a Los Angeles, al City College. Ma una vita fatta di teoria e qualche clic non sarebbero mai bastati a quel giovane artista. E a far scattare la magia, ci pensò la Storia. Gli Usa vennero travolti dalla guerra eD Erwitt prestò servizio nell’esercito, ma non come soldato vero e proprio, come fotografo. I suoi scatti, semplici e diretti, sempre in bianco e nero, conquistarono la Magnum Photos che lo volle fra le sue “firme” nel 1953. Così come lo vollero molte delle grandi marche di moda, perché Erwitt ha sempre avuto una capacità unica di rendere iconico tutto quello che finiva davanti al suo obiettivo. Nelle sue mani, la macchina fotografica riesce a rendere unico un bacio fra due amanti, un gruppo di cani o una tranquilla mattina di fastidiosa pioggia a Parigi. Un salto diventa un volo, un sorriso un gioiello e un nudo uno stile da imitare.

Ecco perché Erwitt è un genio, perché la sua parabola – anche se non è giusto chiamarla così – non scende mai. Non c’è una foto per cui sia famoso. Ci sono almeno dieci foto, per cui è celebre. Certo, quella dei due lavandini, uno per i bianchi e uno per i neri è annoverata da più di un autorevole elenco come le “10 foto che hanno cambiato il mondo”, e su questo pochi dubbi.

North Carolina, 1950

North Carolina, 1950

Ma non hanno cambiato il mondo i due amanti sotto la Tour Eiffel? Non hanno fatto capire che qualsiasi storia può essere felice? Non hanno cambiato la prospettiva i vecchietti nudi che sorridono beffardi dietro l’obiettivo? Chi mai era stato così irriverente? E i cani? Chi mai aveva reso dei cani i protagonisti indiscussi di un’opera d’arte? Nessuno. Anzi lui, Eliott Erwitt che di sé, però dice, con l’umiltà tipica dei grandi: “Spero che la mia miglior foto debba ancora scattarla”.

La curiosità della settimana – le rovine illuminate, qui visse Dracula

L'abbazia di Dracula, Yorkshire

L’abbazia di Dracula, Yorkshire

Nel Nord dello Yorkshire è di casa il mistero. Qui si trovano le rovine di quella che si pensa essere la fortezza del conte Dracula. Dal 27 al 31 ottobre, in occasione della festa di Halloween, le rovine saranno illuminate e c’è già chi è corso a farsi un selfie in questo scenario insieme spettrale e affascinante.

MARTEDÌ 27/10

  
A Rio de Janeiro, le proteste le si fanno in una maniera molto particolare. No cortei, no fumogeni o megafoni. Piuttosto si ricorre agli allestimenti scenografici. In questo caso, come documenta Reuters, la protesta contro le alte tasse che le industrie brasiliane si trovano costrette a pagare, è stata messa in scena con delle papere gonfiabili. Una grande al centro e altre centinaia in file intorno a lei, ammucchiate. L’effetto è sicuramente quello desiderato dagli ideatori: attirare l’attenzione delle industrie, del governo ma anche di tutto il mondo. 

LUNEDÌ 26/10

  
L’Argentina che conoscevamo è finita. Il 25 ottobre, il Paese ha votato ed è tramontata un’era, quella della famiglia Kirchner al potere. Prima lui, Nestor, morto nel 2010. Poi lei, sua moglie, Cristina. In un susseguirsi di politiche economiche sbagliate e di uso della forza senza precedenti, che hanno condotto l’Argentina sull’orlo del baratro. Ma, con il nuovo voto, Cristina Kirchner deve ritirarsi, perchè ha già avuto due mandati -il massimo previsto dalla Costituzione argentina- e stare a guardare gli altri politici contendersi la vittoria. Il favorito è Daniel Scioli, a cui però Cristina non ha fatto mancare i guai. Gli ha lasciato un’economia che assomiglia molto a quella della crisi del 2001, e ha tentato di screditarlo durante molti interventi pubblici nonostante il candidato venga dal suo stesso partito. E ha gettato dubbi sulla sua capacità politica. Del resto, saper confrontarsi con 12 anni di “kirchnerismo”, non sarà una cosa facile. Neanche promettendo, come ha fatto Scioli, di tenere una linea di proseguimento su alcuni aspetti della politica dei Kirchner. Senza però avere paura di dirsi contrario nei confronti di buona parte delle loro scelte, che intende dunque correggere, e in fretta. 

Secondo i primi exit poll, Scioli si attesta al 40% e non si sa se dovrà andare o meno al ballottaggio con l’avversario Mauricio Macri. Questo scenario si verificherebbe se Scioli non raggiungesse il 45% dei consensi o il 40% con almeno 10 punti di vantaggio sul concorrente. A qualsiasi scenario assisteremo, quello che di sicuro c’è è che la regina d’Argentina, lady Kirchner, esce di scena. 

Speciale fotografi famosi #3 – Nick Ut e la guerra del Vietnam

Nick Ut, il fotografo vietnamita vincitore del Pulitzer per lo scatto dei bambini che scappano dal napalm.

Nick Ut, il fotografo vietnamita vincitore del Pulitzer per lo scatto dei bambini che scappano dal napalm, altrimenti conosciuta con il nome di “Napalm Girl”.

Il nome Nick Ut non dice niente. A meno che non si conosca la storia della fotografia, non si può avere idea di chi sia. Eppure il suo più importante scatto è passato alla storia. È quello dei bambini nudi che corrono, terrorizzati, feriti e urlanti perché un’ondata di napalm li ha investiti. E quest’immagine, al contrario del nome di chi l’ha realizzata, la conosciamo molto bene.

8 giugno 1972, bambini che scappano dal napalm, Nick Ut. Vietnam

8 giugno 1972, bambini che scappano dal napalm. “Napalm girl”, Nick Ut, Vietnam

Vietnam 1972. Nick in questo paese ci è nato, lo conosce come le sue tasche. Eppure, ad appena 21 anni, non riesce a rassegnarsi. Quella guerra terribile, portata dagli americani, è un flagello. La gente soffre, i combattimenti non portano a nulla. I morti si moltiplicano, la sofferenza è ovunque. E Nick la conosce bene, perché quella guerra gli ha portato via un fratello, quello che gli stava insegnando i trucchi del mestiere, quello con cui era entrato all’Associated Press, all’età di 16 anni, come fotografo corrispondente dal Vietnam.

Nel giugno del 1972 i soldati statunitensi avevano cominciato da tempo il graduale ritiro dal Vietnam meridionale, ma i combattimenti con le forze del nord comunista erano ancora molto intensi.  L’8 giugno, in un paesino dimenticato da Dio, di nome Trang Bang, un gruppo di cacciabombardieri Douglas A-1 Skyraider dell’aviazione sudvietnamita, bombardò con il napalm un’area che era stata attaccata dai nordvietnamiti.

Quella sostanza infiammabile ricoprì tutto in pochi secondi. Ma stava colpendo i bersagli sbagliati perché in quei territori si trovavano ancora centinaia di civili e alcuni soldati sudvietnamiti. Ma bastò un attimo, e la tragedia prese forma: la gente urlava, i feriti e gli ustionati correvano in giro, erano ovunque. Ombre doloranti che non sapevano dove trovare sollievo.

Una bambina di 9 anni, Kim Phúc, si vide arrivare addosso la nube così fitta che non poté fare niente per ripararsi. ll suo braccio sinistro prese fuoco, mentre il suo vestito bruciò in pochi secondi. Insieme ai suoi fratelli, e ai suoi cugini, la piccola scappò in strada e cominciò a correre, gridando, lungo la Route 1 che attraversava il villaggio. E su quella strada incontrò il giovane fotografo che la rese famosa.  Ut se la trovò davanti, in fiamme, disperata. E realizzò 6 scatti storici di Kim e degli altri bambini che correvano con lei, cioè dei suoi fratelli cugini. Il viso di Nick fu una delle ultime cose che Kim vide quel giorno, poi svenne. Il fotografo non ci pensò due volte, se la caricò in macchina e corse all’ospedale più vicino dove solo il suo tesserino di giornalista collaboratore degli americani consentì alla piccola di ricevere le cure adeguate. Poi, incerto sul futuro della bambina, con i medici che gli ripetevano “non ce la farà, è gravissima”, Ut si precipitò a inviare le sue foto all’AP.

Nick ut, 1970, Vietnam

Nick ut, 1970, Vietnam

Quelle foto, dopo aver fatto il giro del mondo ed essere comparse su tutte le grandi riviste, gli valsero il Pulitzer nel 1965 e lo resero uno dei fotografi che hanno fatto la Storia. Con un’immagine tanto forte quanto triste, tanto toccante quanto spaventosa. Kim, contro ogni aspettativa, riuscì a sopravvivere e divenne, negli ultimi anni di guerra, un piccolo ma forte simbolo di pace. Di quelli che forse arrivarono a far finire la guerra. Non le trattative diplomatiche, non le bombe, non gli spari. Ma una foto.

GIOVEDÌ 22/10

  
Non c’è niente da fare, l’autunno ha un fascino particolare, che cattura tutti, dai fotografi poco esperti ai grandi artisti. Così, anche un gigante come National Geographic ha dedicato alla stagione più incatevole dell’anno una fotografia unica. È quella di Stephen Wilkes che ha fotografato le foglie rosse e gialle appiccicate a una finestra con più di 100 anni, a New York. La riflessione che accompagna lo scatto è semplice, ma dice tutto: “I tempi sono cambiati, la gente ha vissuto e le stagioni sono passate. Ma ogni anno, le foglie vanno e vengono nello stesso modo di sempre”. 

L’appuntamento della settimana – Sulle tracce del sogno americano

Detroit: Unbroken Down Dave Jordano. Lo scatto è esposto a Cardiff in occasione della mostra Diffusion

Detroit: Unbroken Down
Dave Jordano. Lo scatto è esposto a Cardiff in occasione della mostra Diffusion

Ci sono ancora pochi giorni per assistere al festival di fotografia di Cardiff, Diffusion. Il tema scelto quest’anno è quanto mai interessante perché i fotografi hanno declinato l’idea, ormai diffusissima, del “sogno americano”, sia dentro che fuori dagli Usa. Dalle grandi personalità che hanno fatto la storia dell’America, fino alla miseria e alla povertà che l’hanno afflitta per anni e che lo fanno tutt’ora. Dai i pochi indiani rimasti, fino alle case ammucchiate quasi l’una sopra all’altra di Detroit o delle periferie in crisi. La mostra è un viaggio in un’America dolce e amara perché il sogno non è mai sempre bello.

Tra le tante esposizioni, da segnalare c’ è And now it’s dark, una mostra collettiva dedicata alla fotografia notturna negli Stati Uniti che ospita il lavoro di Jeff Brouws sulle insegne al neon e l’illuminazione nelle strade, quello di Will Steacy tra gli aeroporti e i centri finanziari di varie città, e le visioni di Todd Hido dei paesaggi di periferia sorti nel secondo dopoguerra.

LUNEDÌ 19/10

Tensioni tra palestinesi ed esercito israeliano lungo il confine tra Israele e la Striscia di Gaza vicino a Buriej. Lo scatto è stato realizzato il 15 ottobre scorso da  Khalil Hamra/ Ap.

Tensioni tra palestinesi ed esercito israeliano lungo il confine tra Israele e la Striscia di Gaza vicino a Buriej. Lo scatto è stato realizzato il 15 ottobre scorso da Khalil Hamra/ Ap.

Non c’è pace fra Israele e Palestina e non c’è fine per l’Intifada dei coltelli che, da ormai due settimane, ha riacceso la miccia degli scontri fra i due gruppi.  Le versioni che arrivano da Gerusalemme e dintorni sono discordanti. Gli israeliani sostengono che per le strade ci siano ancora molti attacchi di “lupi solitari” palestinesi, quasi tutti minorenni, che, armati di coltelli, aggrediscono gli ebrei. I palestinesi, invece, sostengono che l’esercito israeliano, in stato d’allerta, uccida tutti i sospetti e non tenti di catturare gli assalitori vivi.

Negli ultimi agguati, a Hebron, le vittime sono state un ebreo che stava recandosi in sinagoga, una agente della guardia di frontiera e un soldato fermo a un posto di blocco. In un caso l’assalitrice palestinese  era una ragazzina, uccisa subito dopo dall’esercito israeliano. E, sempre secondo fonti palestinesi, nei due giorni appena trascorsi, le vittime sarebbero state tre. Tutte freddate dai militari mentre tentavano di aggredire gli ebrei.

Intanto la comunità internazionale e la diplomazia hanno iniziato a lavorare perché lo scontro si plachi. Per mercoledì 21 ottobre è previsto, a Berlino, un incontro fra il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il segretario di Stato Usa John Kerry. E, mentre si tenta di trovare una possibile tregua, il numero dei feriti israeliani sale. Così come quello dei palestinesi morti. La paura continua a serpeggiare nelle strade, dove gli ebrei dicono, davanti alle telecamere internazionali: “Abbiamo paura, non usciamo quasi più di casa. I ragazzi non vanno più a scuola”. E i simboli di migliaia di anni di storia, come è successo per la tomba di Giuseppe, lo scorso sabato, bruciano.

Speciale Fotografi Famosi #2 – Jeff Widener, dentro l’anima di piazza Tienanmen

Jeff Widener con in mano il suo scatto più famoso, quello del pacifista davanti ai militari in piazza Tienanmen nel 1989 a Pechino.

Jeff Widener con in mano il suo scatto più famoso, quello del pacifista davanti ai militari in piazza Tienanmen nel 1989 a Pechino.

Un “clic” e la sua foto è entrata nella storia. Quella di Jeff Widener, quasi 60enne, è una delle dieci fotografie più famose del mondo, lo dice niente di meno che l’osservatorio di America On Line. Il perché è presto spiegato: ritrae un momento unico, una contrapposizione così netta fra pace e guerra, fra bene e male che spiazza. Ma, come dire, era destino. La strada per Jeff era già segnata, solcata da un dono, un talento naturale per le foto. Lui stenta ancora oggi ad ammetterlo e abbozza un sorriso quando gli si ricorda il suo primo successo. Era il1974 e lui stava studiando fotogiornalismo al college. Partecipò a un concorso per il National Geographic che vedeva in competizione 8 mila studenti da tutti gli Stati Uniti. Il colosso delle foto scelse solo un ragazzo fra tutti i candidati. Ed era lui, Jeff. Da quel momento il fotografo non ha mai smesso di viaggiare. Prima in Sud Africa, poi in Belgio, come fotografo corrispondente per United Press International. Per farla breve, nella sua vita Widener è stato in più di 100 paesi, e da ognuno di questi ha portato a casa un reportage.

Ma il suo nome è inevitabilmente legato a un evento storico: quello di piazza Tienanmen. Iniziò tutto nell’aprile del 1989, quando 50 mila studenti scesero nelle strade di Pechino per protestare contro il Partito. Stanchi di un’informazione controllata, di un regime soffocante e di una chiusura al mondo della Cina comunista, in poco tempo i giovani coinvolsero 100 mila persone nella loro protesta. La dirigenza del Partito, dopo aver perso per un arresto cardiaco il leader Yaobang, era impaurita. In Europa quell’anno erano scoppiate molte rivoluzioni contro il comunismo, c’era una tensione palpabile e non ci si poteva permettere che gli studenti e i dissidenti prendessero il controllo. Così, dopo una tregua, il 3 giugno, si passò all’uso della violenza. Pechino fu invasa dai mezzi militari, e fu la strage. Anche se non si conosce il numero esatto dei morti, ancora oggi si parla di una carneficina. Ai civili venne sparato nella schiena, mentre tentavano di costruire barricate intorno alla piazza. Era tutto un susseguirsi di spari tra la nebbia dei fumogeni.

 
Piazza Tienanmen era il luogo di ritrovo dei manifestanti e fu li che arrivarono i soldati. Dal terrazzo di un hotel, a circa un chilometro di distanza dal luogo della mattanza, Widener immortalò quello che è passato alla storia come il “rivoltoso sconosciuto”. Uno studente che grida contro i militari “fermatevi, basta”, ma che non viene ascoltato. Tant’è che c’è chi sostiene che, pochi giorni dopo, il ragazzo sia stato giustiziato. Vero o no rimane un eroe della Storia celebrato dalle riviste di mezzo mondo. Ma, a ben vedere, gli eroi dietro a quello scatto sono due: il rivoltoso sconosciuto e il fotografo famosissimo che gli ha dato voce, con l’immagine.

 

GIOVEDÌ 15/10

La foto vincitrice del Wildlife Photographer of the Year. Lo scatto, dal nome "Tale of two foxes", è stato realizzato dal fotografo non professionista Don Gutoski. nel Parco nazionale Wapusk, nelle praterie canadesi.

La foto vincitrice del Wildlife Photographer of the Year. Lo scatto, dal nome “Tale of two foxes”, è stato realizzato dal fotografo non professionista Don Gutoski. nel Parco nazionale Wapusk, nelle praterie canadesi.

La lotta per la soppravvivenza che impone al più forte di mangiare i propri simili, se necessario. Potrebbe essere questa la didascalia per la foto che si è aggiudicata il primo premio del Wildlife Photographer of the Year, il più importante concorso di fotografia di natura del mondo. Lo scatto è del fotografo canadese, non professionista, Don Gutoski che, nelle sue spedizioni tra le praterie canadesi, ha immortalato questa scena. La foto è un racconto dove si vede solo la fase finale di una lotta fra simili, ma si può immaginare tutto quello che è successo prima.  A legare i due animali, diversi solo per i colore del loro pelo, rimane un fil di sangue, segno che uno, il più debole, ha ceduto.

Gutoski ha sbaragliato una concorrenza numerosissima: quest’anno infatti, i giudici hanno dovuto valutare ben 42 mila fotografie provenienti da 96 Paesi.  Il fotografo canadese ha avuto la meglio ma sono stati premiati anche altri fotografi perché il concorso si articola in 17 diverse categorie. Così è andato in scena uno spettacolo pittoresco dove animali fluorescenti, balene affamate e salamandre sinuose hanno incantato la giuria.