I 13 Paesi più pericolosi del mondo, da non visitare nel 2016

Ci sono luoghi unici al mondo. Tolgono il fiato per i loro orizzonti, le loro rovine intrise di storia, il loro gemellaggio con la natura. Eppure la maggior parte di questi paradisi sono pericolosi, dilaniati dalle guerre, dal terrorismo. Così attraversare le suggestive montagne del Pakistan o ammirare la vecchia città di Sanaa (patrimonio dell’Unesco) in Yemen diventa quasi impossibile. Ma quanti sono questi luoghi irraggiungibili? Guardafuori ne ha individuati 13 in cui essere turisti è diventata un’impresa. Ma se proprio ci volete andare, non mancano agenzie viaggio disposte a organizzare un’avventura tutta per voi.

Hindu Kush, Darkot Pass. Uno scorcio della scalata più bella del Pakistan

Hindu Kush, Darkot Pass. Uno scorcio della scalata più bella del Pakistan

Pakistan – Le scalate sulle rocce dell’Hindu Kush, i siti archeologici dell’Indus Valley, il trekking a Karakoram. Per decenni il Pakistan è stato protagonista del turismo mediorientale, ma ora le sue bellezze sono messe in ombra dai gruppi di terroristi che sistematicamente terrorizzano le città del Paese. L’ultimo attacco kamikaze risale proprio a pochi giorni fa, a Pasqua, quando un terrorista talebano  si è fatto esplodere vicino a un’area giochi uccidendo più di 70 persone. Il dipartimento di Stato americano suggerisce ai cittadini di non andare in Pakistan, almeno per ora. Ma, per i più coraggiosi, il Pakistan Tourism Development Corporation di Islamabad può fornire una lista dei tour operator disponibili a organizzare viaggi.

L'incontro tra Nilo Blu e Nilo Bianco, Sudan

L’incontro tra Nilo Blu e Nilo Bianco, Sudan

Sudan – Là dove Nilo Blu e Nilo Bianco si fondono, la sicurezza di un viaggio immersi nella natura non c’è più. Nel 2008 in Sudan sono stati assassinati due impiegati dell’ambasciata americana e di recente il presidente del Paese è stato accusato di crimini di guerra. Gli stranieri, in particolare gli europei, sono sempre più vittime di rapimenti o furti. Tutti i più importanti tour operator hanno smesso di organizzare viaggi qui, ma uno resiste: il Raidan Travel & Tours

Tbilisi, la capitale della Georgia

Tbilisi, la capitale della Georgia

Georgia – Montagne mozzafiato, escursioni in elicotteri e degustazioni di vino. La Georgia, incastonata fra Russia e Turchia, è la meta perfetta per turisti coraggiosi. Le difficili relazioni con Mosca hanno reso il Paese instabile e poco consigliato dalle agenzia viaggio.  Georgica Travel però continua a operare sul territorio. Pericoloso sì, ma non del tutto sconsigliato.

Le rovine di Baalbek, Libano

Le rovine di Baalbek, Libano

Libano – Le rovine di Umayyad, la valle della Beqà con i suoi vigneti e il fascino unico di Beirut fra trasgressione e tradizione. Il Libano è un mix di storia e innovazione incastonato in una posizione geografica tanto suggestiva quanto pericolosa. Il Paese si trova tra Siria e Israele e, con lo scoppio della guerra civile siriana, è stato coinvolto in alcune azioni militari che hanno danneggiato il territorio. Dal 2008 almeno 30 persone hanno perso la vita in Libano a causa del conflitto. Il governo Usa ha fatto sapere ai suoi cittadini che chi andrà in Libano non avrà la garanzia di poter essere aiutato dagli organi diplomatici in caso di necessità. Per chi volesse tentare l’impresa, a Beirut c’è un’agenzia che può essere d’aiuto:  Wild Discovery.

Pyongyang, la capitale della Corea del Nord

Pyongyang, la capitale della Corea del Nord

Nord Korea – Benvenuti i turisti, purchè compilino montagne di visti prima di partire e, una volta a destinazione, alloggino in un solo hotel, sorvegliati da una guida che li scorterà in giro giorno e notte senza lasciarli un attimo da soli. Niente foto. Niente domande. Solo un tour fra le grandezze architettoniche del Paese del dittatore a cui piace giocare con il nucleare, Kim-Jong un. L’unica via per arrivare qui è la Cina e, proprio da Pechino, l’agenzia Koryo Tours vi aiuterà a organizzare il viaggio.

Palmyra e le sue rovine patrimonio dell'Unesco, in Siria

Palmyra e le sue rovine patrimonio dell’Unesco, in Siria

Siria – Prima la guerra civile, poi l’arrivo dell’Isis. La Siria è il Paese più pericoloso del mondo, al momento. Le antichissime rovine di Palmyra sono il principale punto d’attrazione, anche se i turisti dovranno aspettare a lungo per tornare a passeggiare fra gli antichi colonnati. Prima conquistate e in parte distrutte dallo Stato Islamico, ora le rovine sono tornate fra le mani delle truppe governative che stanno sminando il sito archeologico per tentare di preservare ciò che resta. Più che di viaggio, qui, si deve parlare di vera e propria avventura. A organizzarla ci pensa Nawafir Travel & Tours, un tour operator con base a Damasco.

Sanaa, cittadina vecchia, nello Yemen, patrimonio Unesco

Sanaa, cittadina vecchia, nello Yemen, patrimonio Unesco

Yemen – La città vecchia di Sanaa fa parte del patrimonio Unesco e regala una vista mozzafiato. Ma lo Yemen è ora teatro di guerra, con attacchi alla coalizione saudita sferrati in continuazione dai ribelli con autobombe e attacchi kamikaze. Data la difficile situazione, Israele ha deciso di prelevare i suoi cittadini che erano ancora presenti sul territorio per ragioni di sicurezza. Per gli amanti del proibito c’è Shibam Tours.

Oued gole, rocce scavate dal vento, Algeria

Oued gole, rocce scavate dal vento, Algeria

Algeria – Le escursioni in cammello, le avventure nel Sarah, le rovine romane. L’ Algeria è un gioiello da scoprire ma difficile da raggiungere. Nell’ultimo anno diversi attacchi suicidi hanno gettato lo Stato nel panico e si sono verificati anche rapimenti e uccisioni di turisti. Per questo le autorità americane hanno suggerito ai turisti che arrivano dagli USA di mantenere un “profilo basso” e di non spostarsi lungo i tragitti tipicamente percorsi dai visitatori. L’agenzia Touareg Voyages è il posto giusto a cui rivolgersi per tentare la sorte.

Moschea Blu, Afghanistan

Moschea Blu, Afghanistan

Afghanistan –  La direzione afghana del turismo l’ha dichiarato pochi mesi fa: “Presto tutti i reperti archeologici distrutti dalle guerre verranno curati e riaperti al pubblico”. Quella dell’Afghanistan è una tradizione di storia e di arte ricchissima, ma i conflitti ne hanno distrutta buona parte. La maggior parte delle zone del Paese sono considerate dagli americani ancora “territorio di guerra” e i viaggi qui sono sconsigliati. Un’agenzia californiana, però, non sembra dare ascolto ai suggerimenti e organizza spedizioni in questi luoghi, si tratta della Pamir Travel.

Rift Valley, fra Eritrea ed Etiopia, depressione dell'Afar

Rift Valley, fra Eritrea ed Etiopia, depressione di Afar

Eritrea – Ottenere un visto per turisti può richiedere mesi e mesi. L’Eritrea ha infatti una condizione instabile. Prima le guerre intestine, negli anni ’70, poi quelle con lo Yemen e l’Etiopia, hanno portato questo stato a non rialzarsi mai dalla sua crisi e a vivere una lunga ondata di dittature e di corruzione. Damera Tours è il sito da consultare se non potete fare a meno di un’escursione sulle coste della Rift Valley.

Zimbabwe, il New York Times l'ha nominato, nel 2015, uno dei migliori 20 posti al mondo da visitare. Ma rimane una località molto pericolosa

Zimbabwe, il New York Times l’ha nominato, nel 2015, uno dei migliori 20 posti al mondo da visitare. Ma rimane una località molto pericolosa

Zimbabwe –  I parchi naturali, le distese senza limiti, la natura e il suo richiamo. Lo Zimbabwe è uno dei luoghi più affascinanti dell’Africa orientale ma il suo più grande problema è la sicurezza. Nonostante dal 2009 la situazione sia migliorata e l’allarme rientrato, il Paese resta tra gli ultimi nella classifica della sicurezza e dell’elevatissimo numero di crimini compiuti, soprattutto contro i turisti. Per chi non riuscisse a rinunciare a un safari, ecco a chi rivolgersi:  Zimbabwe Tourism Authority.

Shwedagon Pagoda, Birmania

Shwedagon Pagoda, Birmania

Burma, Myanmar (Birmania) – I motivi per visitarla sarebbero molti: una crociera lungo lo spettacolare Irrawaddy River, una gita in mongolfiera sopra Bagan, e una camminata tra l’atmosfera magica del mercato a Yangon, la capitale. Eppure a sorvegliare ogni mossa dei turisti ci sono loro, i soldati del regime. Gli stranieri non sono ben accetti e soprattutto vengono tenuti sotto stretto controllo dai militari. Pare impossibile usare carta di credito o simili. Se proprio non potete fare a meno di partire, di tutto il viaggio può occuparsi  il Myanmar Tourism Promotion Board.

Arco di Ctesifonte, Iraq

Arco di Ctesifonte, Iraq

Iraq – Le agenzie di viaggio della vicina Giordania ci organizzano viaggi per turisti coraggiosi e invitano a trascorrere lunghi soggiorni tra le rovine archeologiche di cui il Paese è costellato. Ma i migliori siti di viaggio internazionali concordano: da Amman offrono un servizio pericoloso, e sprovveduto. L’ Iraq, per la sua vicinanza alla Siria e per la presenza sul territorio dello Stato Islamico rimane un luogo off limits.

La Corea del Nord come non l’avete mai vista

Il fotografo Michał Huniewicz è stato in Corea del Nord dove ha scattato molte foto illegalmente e ne ha fatto un reportage una vota tornato in Inghilterra. Nello scatto: la biblioteca della capitale Pyongyang. Ci sono anche testi stranieri, ma per consultarli serve un permesso.

Il fotografo Michał Huniewicz è stato in Corea del Nord dove ha scattato molte foto illegalmente e ne ha fatto un reportage una vota tornato in Inghilterra. Nello scatto: la biblioteca della capitale Pyongyang. Ci sono anche testi stranieri, ma per consultarli serve un permesso.

La Corea del Nord la conosciamo solo grazie alle immagini della televisione. Quelle riprese dal regime del dittatore Kim Jong – un che cela guai e malfunzionamenti e ricopre tutto con una patina di grandiosità d’altri tempi. Ma c’è un fotografo che ha provato a scardinare questa visione così statica, così manipolata di uno dei Paesi più inaccessibili del mondo. Si tratta di Michał Huniewicz, fotografo londinese, molto conosciuto nel mondo del giornalismo.

Lo Yanggakdo Hotel, tutti i turisti non cinesi vengono fatti alloggiare qui. È su un'isola. Non si può lasciare se non accompagnati da una guida

Lo Yanggakdo Hotel, tutti i turisti non cinesi vengono fatti alloggiare qui. È su un’isola. Non si può lasciare se non accompagnati da una guida

Il suo piano era semplice e per questo ha funzionato. Ha deciso di fingersi un turista in visita in Corea del Nord, anche se le procedure per ottenere visti e autorizzazioni sono lunghissime. Il reportage che ha realizzato passa per i vetri di finestre e finestrini, per inclinazioni particolari usate per nascondere la macchina fotografica. Le immagini sono davvero quelli che si definiscono “scatti rubati”, perché il regime vieta ai turisti di fare foto e di circolare liberamente.

Huniewicz però ci è riuscito. Per arrivare alla meta, la capitale Pyongyang, è partito dalla Cina e ha poi attraversato la campagna coreana. Una volta in città si è ritrovato difronte a una città piena di monumenti che celebrano il leader Kim Jong-un. Le sue statue e le sue gigantografie sono ovunque.

Il visto da compilare prima di entrare in Corea del Nord

Il visto da compilare prima di entrare in Corea del Nord

Edifici della capitale

Edifici della capitale

Souvenir per turisti:  enciclopedie dedicate ai precedenti leader Kim Il-sung e Kim Jong-il.

Souvenir per turisti: enciclopedie dedicate ai precedenti leader Kim Il-sung e Kim Jong-il.

I momenti di tensione non sono mancati. Il fotografo era seguito notte e giorno da una guida che si era accorta che stava scattando molte foto. Per questo un giorno lo ha avvertito:”Stai oltrepassando il limite, potrebbero trattenerti se scoprissero tutte quelle fotografie”. Ma Huniewicz è riuscito a uscire dal Paese con le sue foto. Non solo, le ha pubblicate in un reportage dove da anche minuziosi dettagli della vita coreana. Per la gioia di Kim.

Immagini in onore della dinastia

Immagini in onore della dinastia

Le donne occupate nella pulizia delle strade, operazione ritenuta fondamentale dal governo

Le donne occupate nella pulizia delle strade, operazione ritenuta fondamentale dal governo

Le statue dei leader, imponenti.

Le statue dei leader, imponenti.

VENERDÌ 25/03 – Attentati in Belgio, gli ultimi sviluppi

A Bruxelles le persone si riuniscono in Place de la Bourse per ricordare le vittime degli attentati del 22 marzo.

A Bruxelles le persone si riuniscono in Place de la Bourse per ricordare le vittime degli attentati del 22 marzo.

Arresti, caccia all’uomo, dubbi. Dopo gli attentati del 22 marzo il Belgio è ancora in ginocchio, sotto la minaccia del terrorismo. L’incubo non finisce: un nuovo jihadista, Naim Al Hamed, siriano di Hama, di 28 anni, è ricercato. Sarebbe armato e pericoloso. E ancora, nella capitale dell’Europa, nella scorsa notte, sono state arrestate sei persone, e a Parigi è stato scoperto un covo dove c’era lo stesso tipo di esplosivo usato negli attentati del 13 novembre in Francia.

L’ombra dell’Isis si allunga su tutta Europa, con le intelligence dei diversi Paesi che fanno fatica a dialogare. Con Roma che, per Pasqua, alza l’allerta. Con Parigi che teme nuove ritorsioni, e Londra che rafforza le misure dopo le minacce dirette dello Stato Islamico all’Inghilterra.

Ci sono ancora dei responsabili per quanto accaduto a Bruxelles che mancano all’appello. È questo che preoccupa gli inquirenti e l’Europa intera. E preoccupano anche le ultime rivelazioni di Salah Abdeslam, arrestato e pronto a fasi estradare in Francia. Secondo il terrorista di Parigi, negli attentati del 22 marzo, ci sarebbe anche dovuto essere un commando che avrebbe dovuto sparare con alcuni kalashnikov sulla folla, in pieno centro città. Ma la fretta e la notizia dell’arresto proprio di Salah – che doveva prendere parte al commando della strada – avrebbe fatto desistere i terroristi che avrebbero scelto di agire solo in aeroporto e in metropolitana.

E nelle ultime ore è emerso un altro dettagli inquietante: pare che due anni fa,  il 18 marzo 2014, la magistratura belga firmò un mandato di arresto contro Najim Laachhroui, uno degli uomini che si è fatto esplodere all’aeroporto di Zaventem, l’artificiere dell’Isis. L’uomo era dunque conosciuto alle autorità del suo Paese. Si sapeva che che faceva parte di un gruppo fondamentalista. Sembra che fosse proprio lui uno degli organizzatori dei viaggi in Siria dei foreing fighters.

MERCOLEDÌ 23/03 – Bruxelles, il giorno dopo gli attentati

Le patattine fritte, piatto tipico del Belgio, insieme alle cozze, formano una mano con il dito medio alzato. È l'immagine più pubblicata sui social network e diretta ai terroristi islamici che hanno ucciso con i loro attacchi più di 30 persone a Bruxelles, il 22 marzo.

Le patatine fritte, piatto tipico del Belgio, insieme alle cozze, formano una mano con il dito medio alzato. È l’immagine più pubblicata sui social network. I destinatari sono i terroristi islamici che hanno ucciso con i loro attacchi più di 30 persone a Bruxelles, il 22 marzo.

Il giorno dopo gli attentati che hanno colpito lo scalo di Zaventem e la metro di Bruxelles, il cuore dell’Europa si sveglia sanguinante. La conta dei morti e dei feriti aumenta di ora in ora, così come un senso di incertezza, di incredulità.

Gli uomini che hanno fatto piombare la capitale europea nel terrore, ora hanno un volto: sono i due fratelli Al Bakraoui, nati e cresciuti in Belgio. Si sono fatti esplodere in due luoghi diversi, uno a Zaventem, l’altro alla fermata metro di Maelbeek, la più vicina alle istituzioni. L’altro uomo individuato a Zaventem insieme al kamikaze, che si è fatto esplodere a sua volta in mezzo ai passeggeri, non ha ancora un nome.

È ricercato invece il loro complice, il terzo uomo che appare nel fotogramma delle telecamere dell’aeroporto. All’inizio si pensava che si trattasse di Najim Laachraoui, artificiere dell’Isis già nelle stragi di Parigi dello scorso novembre, ma le autorità hanno smentito questa informazione. La polizia belga ha confermato di stare ancora cercando l’uomo, mentre altre due persone coinvolte negli attentati sono state fermate. Altre quattro però, sarebbero in fuga.

In questo scenario, la scelta del Belgio è chiara: reagire. E reagire subito. Con scuole aperte, voli in partenza dal secondo aeroporto, Charleroi, e manifestazioni in piazza Bourse dove molti hanno disegnato con i gessetti sui marciapiedi messaggi di solidarietà per le vittime e i feriti.

Il mondo dell’arte si è mobilitato, così come per Parigi, anche per la capitale belga, non solo per le strade, ma anche sul web. Qui hanno spopolato diverse vignette di cordoglio e di presa in giro dei fondamentalisti islamici. Dalle lacrime di Tin Tin, celebre personaggio dei fumetti belgi, alla bandiera francese che consola quella belga.

Guardafuori ha raccolto le più belle testimonianze artistiche di solidarietà delle ultime ore circolate in rete. A dimostrazione che il terrorismo esiste, colpisce e lo fa con mezzi nuovi e spaventosi. Ma che l’Europa può ancora reagire, a cominciare da un disegno su un foglio di carta

22-mars-550-1orig_main

Il Manneken Pis, la più famosa statua di Bruxelles, si prende gioco di un terrorista dell'Isis.

Il Manneken Pis, la più famosa statua di Bruxelles, si prende gioco di un terrorista dell’Isis.


Tin Tin piange le lacrime del tricolore belga

Tin Tin piange le lacrime del tricolore belga


Tin Tin ferito, come se fosse una delle vittime degli attentati

Tin Tin ferito, come se fosse una delle vittime degli attentati

Qui, invece, una gallery dei luoghi nel resto del mondo che hanno proiettato il tricolore belga in segno di vicinanza ai cittadini di Bruxelles in queste ore così difficili, da Dubai a Berlino

Bruxelles sotto attacco, le prime immagini

Bruxelles che si sveglia con il rumore, assordante, di bombe che esplodono all’aeroporto di Zaventem. Bruxelles che trema dopo altre detonazioni, nella stazione metro di Maalbeek, nel cuore del quartiere europeo, a due passi dai palazzi della Commissione Ue. Bruxelles che, quasi incredula, ripiomba nel terrore, a pochi giorni dall’arresto del terrorista più ricercato d’Europa. Propio lui, Salah Abdeslam, aveva avvertito le autorità: “Abbiamo preparato altre azioni”. E il 22 marzo, l’ultimo degli 11 settembre europei, si è visto a cosa alludeva il jihadista.

Perché di terrorismo si tratta. Nel pomeriggio del 22 marzo, mentre la cifra dei morti sale a 34, e quella dei feriti viaggia veloce verso i 200, arriva la rivendicazione dei terroristi sul web. In un comunicato pubblicato sulla piattaforma Telegram, l’Isis afferma che questa operazione si è basata su una pianificazione e attuazione a grande velocità senza però fornire altri dettagli.

Per tutti gli aggiornamenti in tempo reale potete seguire, per l’Italia: il liveblog di Skytg24 o i servizi di approfondimento de La Stampa. Per vedere una mappa chiara che racconta la sequenza delle zone colpite, potete consultare quella del Corriere che trovate qui. Per seguire il racconto dei media belgi, c’è il liveblog del sito Le Soir (in francese). Mentre per una ricostruzione in inglese, è molto ben organizzato il liveblog della Bbc (fra le prime questa mattina a dare la notizia degli attacchi).

Guardafuori, per ora, si limita a una raccolta delle immagini più forte, più significative. Nella convinzione che, in questo come in altri casi, le immagini parlino per i fatti.

MARTEDÌ 22/03 – Obama a Cuba

 

L’Air Force One arriva sui cieli di Cuba. Ha portatato, in 3 ore, il Presidente Usa Barack Obama sull’isola.

Non succedeva da 88 anni. Mai, in questo lasso di tempo, un Presidente americano aveva messo piede sul suolo cubano. Poi è successo. E lui, Barack Obama, è atterrato a L’Avana e ha fatto la Storia. Chinato sotto l’ombrello per ripararsi dalla pioggia che l’ha accolto, il Presidente è sceso dall’aereo accompagnato da sua moglie Michelle e dalle sue due figlie Sasha e Malia.

 

L’arrivo degli Obama a Cuba

Il programma è fitto, gli incontri molti e vari. Dagli imprenditori favorevoli al riavvicinamento, fino ai meno felici, i cosìdetti “dissidenti”. E poi lui, il leader cubano, Raul Castro, che rappresenta tutto ciò che è stato  nemico di una vita degli USA. aAnche se, ora, si dimostra più aperto al dialogo. Ma i dissidi ci sono ancora, basta una piccola scaramuccia organizzativa: Obama subito dopo questo “storico incontro” vorrebbe una conferenza stampa, mentre Raul, perentorio, non la autorizza.

Nonostante il tentativo degli Obama di inserirsi a Cuba, non sono mancate le proteste. Poche ore prima dell arrivo del Presidente, sono stati arrestati diversi manifestanti. Denunciavano le angherie del regime e il fatto che quest ultimo li volesse costringere a restare in casa durante la visita presidenziale.

 

Una folla di cubani curiosi aspettano il passaggio degli Obama

Perchè Cuba è anche questo, un mix di contraddizioni, di anime diverse che ora, con l’apertura agli USA che qui vogliono investire, si trova a doversi ridefinire, ridisegnare. E se si pensa alla storia dei rapporti tra Washington e L’Avana si capisce con ancor più chiarezza lo sforzo richiesto. Bisogna lasciarsi alle spalle 54 anni di guerra fredda.

Era il 1959 quando gli USA boicottavano il tentativo di Fidel Castro di deporre Fulgencio Batista che governava Cuba. Castro voltò così definitivamente le spalle al Nel 1961, Castro opta per una rottura definitiva dei rapporti. Lo stesso anno, pochi mesi dopo, in aprile, alla presidenza USA c’è Kennedy che organizza lo sbarco nella Baia dei Porci di Cuba, per attaccare il regime. La spedizione fallisce e i rapporti precipitano. Castro infatti dichiara la sua alleanza con l’Urss e nel 1962  si sfiora la guerra nucleare. I russi schierano i missili a Cuba, gli USA tremano e si arriva a un compromesso diplomatico. Seguono anni di silenzi e tensioni, finchè il dialogo ricomincia nel 1977. Intanto Cuba si è isolata, e rifiuta i contatti con il mondo occidentale.

La vera svolta arriva lo scorso anno, quando dopo le intense azioni diplomatiche dell’amministrazione Obama, l’ambasciata USA a Cuba riapre. Neanche un anno dopo, il Presidente degli Stati Uniti è a L’Avana. Anche se la visiat è durata due giorni – si conclude oggi- questo è solo il primo passo.

LUNEDÌ 21/03 – Il punto su Bruxelles

Forze speciali in azione durante il blitz a Molenbeek (Bruxelles) che ha portato alla cattura del terrorista delle stragi di Parigi, Salah Andeslam

Forze speciali in azione durante il blitz a Molenbeek (Bruxelles) che ha portato alla cattura del terrorista delle stragi di Parigi, Salah Andeslam

Bruxelles nel panico. Ancora una volta. Con i colpi di arma da fuoco che esplodono a Molenbeek nel pomeriggio di venerdì 18 marzo, con la caccia all’uomo che ricomincia. L’operazione, questa volta, dura poco più di tre quarti d’ora. E l’uomo ferito, e subito fermato, è lui, il ricercato numero uno dopo le stragi di Parigi dello scorso 13 novembre: Salah Abdeslam.

Ci sono voluti quattro mesi perché le autorità belghe, aiutate da quelle francesi, lo trovassero. E stupisce, mette paura, un fatto innegabile: Salah, dopo essere scappato da Parigi, è sempre rimasto a Bruxelles, rintanato nel quartiere a maggioranza islamica, Molenbkee per l’appunto, dove era cresciuto e dove si era avvicinato agli estremisti islamici.

Parte tutto da questo quartiere, dove le case sgangherate si alternano a garage. Dove durante le operazioni di polizie le donne con il velo in testa sbirciano dalla finestra, silenziose. E dove la popolazione, dopo la cattura di Salah, ha lanciato dei barattoli di salsa di pomodoro agli agenti che presidiavano la zona, in segno di disprezzo.

L’arresto di Salah è stato possibile grazie agli indizi della sua presenza rinvenuti in un appartamento del quartiere di Forest che era stato perquisito all’inizio della settimana e dove le forze dell’ordine avevano trovato due terroristi, uno dei quali morto nel blitz. Unendo gli indizi trovati a Forest e le oltre 24 mila chiamate intercettate dalla polizia durante gli ultimi mesi, è stato possibile accelerare le operazioni e arrivare a Salah prima che scappasse ancora.

Il momento dell'arresto

Il momento dell’arresto

Nelle ore frenetiche dopo la cattura del terrorista, sono arrivate le prime rivelazioni. Salah non intendeva fermarsi e stava studiando nuovi attentati. Secondo quanto ha affermato il ministro degli esteri belga, Didier Reynders, il terrorista stava “pianificando altre azioni”. “Abbiamo trovato molte armi pesanti nelle prime indagini e abbiamo visto una nuova rete di persone attorno a lui a Bruxelles”, ha aggiunto Reynders. Salah però non è attendibile. Dice sì di essersi impegnato in nuove missioni una volta scappato da Parigi, ma proprio nella capitale francese non ebbe il coraggio di farsi esplodere allo Stade de France, una volta arrivato sul posto. Lo ha ammesso lui stesso durante il primo interrogatorio con il giudice istruttorio, avvenuto a Bruxelles. Ed è proprio nella capitale belga che il jihadista vuole restare. Lo ha chiesto espressamente alle autorità. “Collaborerò e dirò quello che so se mi giudicherete in Belgio. A Parigi non voglio tornare, mi odiano tutti”, avrebbe detto.

Massima allerta in Belgio e Francia, ma anche in Inghilterra, dove una fonte di spionaggio vicina a Sua Maestà avrebbe rivelato la concreta possibilità che Londra verrà colpita nelle prossime settimane con attacchi multipli. Non solo 3 o 4 punti verranno attaccati, come è successo a Parigi, ma si ipotizza che una decina di obiettivi sensibili siano nel mirino dei terroristi dell’Isis e che ci potrebbero essere scenari di guerriglia lungo il Tamigi. Le forze speciali inglesi sono allertate da mesi ma ora controlli e verifiche verranno intensificate. Anche perché in questo ultimo mese sembra che molti combattenti dello Stato Islamico di origine inglese stiano tornando in Inghilterra dopo aver combattuto in Siria usando documenti falsi.

MERCOLEDÌ 16/03

  

Il miglior fotografo locale. Il migliore dei migliori, lo dice la giuria del Sony World Photography Awards. Lo scatto di Khairel Anuar Che Ani, ha saputo stupire per la sua intensità, per la magia dei suoi colori. Sono arrivate foto da 60 Paesi, dall’Australia all’Argentina, dalla Russia al Vietnam, come ha raccontato la BBC. Ma la foto scelta oggi è quella che ha avuto più successo, soprattutto sui social media. Arriva dalla Malesia, dove il fotografo è riuscito a immortalare delle giovani donne di Bali, durante il festival Melasti che si svolge una volta l’anno in concomitanza con il Nyepi Day, o Giorno del silenzio. Le giovani stavano aspettando il loro turno per esibirsi con indosso i loro costumi dai colori vivaci e il trucco pesante. Una di loro però sbadiglia, assorta nei suoi pensieri. È l’eccezione che spezza la sequenza. E la rende unica.

RE-MIXING HOLLYWOOD – I grandi film recitati (tutti) da persone di colore

"Breakfast at ONOMO's", Dakar, 2013. Foto di  Antoine Tempé e Omar Victor Diop, ideatori del progetto Re-mixing Holywoos

“Breakfast at ONOMO’s”, Dakar, 2013. Foto di Antoine Tempé e Omar Victor Diop, ideatori del progetto Re-mixing Holywoos

Dimenticatevi Audrey Hepburn  e la sua iconica eleganza mentre recita in Colazione da Tiffany. E dite addio alla divina e provocante Sharon Stone di Basic Instinct. Il mondo bianco e cristallino del cinema americano si trasforma nelle immagini di Re-mixing Hollywood. E diventa nero. I fotografi Omar Victor Diop e Antoine Tempé hanno deciso di ribaltare le immagini stereotipate dei grandi film e di sostituire ai veri protagonisti, dei modelli e delle modelle di colore. Così, a Dakar, si sono ricostruiti i celebri set ed è iniziato lo shooting. Ne sono nate 20 immagini incredibili, piene di irriverenza ma anche di arte.

Qui alcune delle foto dei due artisti

Racconta Omar Victor :“Sono cresciuto guardando questi film, mi ricordo che noi bambini impersonavamo i protagonisti mentre giocavamo. Uno faceva James Bond, l’altro Roger Moore e correvamo intorno alla casa cercando le spie in cucina dalla mamma”. Quasi a dire che i film sono nell’immaginario comune di tutti noi ma che nessuno ha mai osato invertire la rotta, proporre nuove icone, soprattutto se con la pelle scura.

Grazie al loro progetto ora i due fotografi sono famosissimi. Hanno parlato di loro Huffington Post, L’Espresso, the Guardian e i loro video in cui spiegano come hanno realizzato le foto sono diventate virali sul web. Perché qualche volta, andare contro corrente, porta al successo.

LUNEDÌ 14/03

San Paolo, 13 marzo 2016. Proteste contro il governo di Dilma Rousseff

Più di un milione di persone. Tutte per strada, tutte decise a far sentire a gran voce la loro richiesta: le dimissioni della presidente brasiliana Dilma Rousseff. La manifestazione più numerosa si è svolta a  São Paulo, con circa 1,4 milioni di partecipanti.  Ma anche nel resto del Paese si sono radunati molti cortei.

Rousseff viene accusata di non fare abbastanza a per far uscire il Brasile dall’ormai opprimente crisi economica, una delle peggiori mai vissute dal Paese. Molte anche le accuse di corruzione mosse  alla presidente, soprattutto dall’opposizione di governo, dopo che è stata indagata per aver falsificato i conti pubblici. E anche dopo che ha  pubblicamente difeso l’ex presidente Luiz Inácio Lula, accusato di riciclaggio di denaro.

I fatti che mettono in discussione Rousseff risalgono al 2014, quando venne aperta una grande inchiesta per corruzione che coinvolse diversi politici brasiliani e che provò i legami tra la classe politica e la compagnia petrolifera Petrobras. Pare che la Petrobras abbia distribuito mazzette per oltre 2 miliardi di dollari  al Partito dei Lavoratori, quello della Rousseff e del suo predecessore. Da ricordare anche che, quando iniziarono le indagini, la presidente era a capo del consiglio di amministrazione proprio di quell’azienda.