LUNEDÌ 30/11

 Place De La République, Parigi, 29 novembre 2015. Alla vigilia del vertice sul clima ospitato dalla capitale francese, alcuni manifestanti, a cui è stato impedito dalla autorità di scendere in piazza a causa dell'allarme terrorismo, hanno inventato un nuovo modo di attrarre l'attenzione. Hanno lasciato centinaia di paia di scarpe con scritti i loro nomi e i loro desideri per un futuro migliore sul nostro Pianeta. Foto REUTERS/Eric Gaillard

Place de la République, Parigi, 29 novembre 2015. Alla vigilia del vertice sul clima (COP21) ospitato dalla capitale francese, alcuni manifestanti, a cui è stato impedito dalla autorità di scendere in piazza a causa dell’allarme terrorismo, hanno inventato un nuovo modo di attrarre l’attenzione. Hanno lasciato nella storica piazza parigina centinaia di paia di scarpe con scritti sopra i loro nomi e i loro desideri per un futuro migliore. Foto REUTERS/Eric Gaillard

A Parigi la paura c’è ancora ma la voglia di scendere in piazza non manca. La città vuole tornare a vivere, nonostante gli allarme bomba, l’allerta terrorismo sempre alta e una dichiarazione del Presidente Hollande che poco lascia all’immaginazione: “Siamo in guerra”. L’occasione per rialzarsi, arriva nella capitale francese con l’inizio della conferenza sul clima COP21 che si aprirà oggi, 30 novembre, proprio nel cuore ferito di Parigi. E, nella giornata di ieri, molti erano gli attivisti pronti a scender in piazza per urlare a gran voce le loro richieste per migliorare il pianeta. Ma le autorità hanno vietato la manifestazione. Troppo pericoloso far radunare centinaia di persone tutte insieme. I terroristi potrebbero colpire ancora, e un gruppo così folto diventerebbe un bersaglio facile, oltre che molto visibile. Ma il divieto di formare cortei non ha scoraggiato gli attivisti. Un’associazione, Avaaz, non ha perso tempo e ha invitato tutti a ricoprire place de la Republique di scarpe. Su ogni paio i partecipanti dovevano scrivere nome e cognome, accompagnati da un messaggio di speranza per la Terra. L’appello è stato subito accolto e per tuta la giornata di ieri i fotografi hanno potuto scattare foto incredibili: su tutta la storica piazza parigina c’erano solo scarpe, di ogni genere e forma. Infradito, stivaletti, mocassini. Alcuni decorati con erba vera, altri con disegni che richiamano l’importanza della natura, o dell’atmosfera. E su tutti c’era un messaggio di pace, speranza che accompagnava una richiesta specifica per migliorare il nostro ambiente. Così, in quella che è stata ribattezzata come “la Francia del dopo-attentati”, si va avanti. E lo si fa anche a colpi di creatività.

 

Scatti che fanno impazzire il web: un cane e un gufo migliori amici. Sono gli animali di Tanja Brandt

Il gufo Poldi e il suo amico, un pastore tedesco che lo segue dappertutto. A fotografare i due animali è stata la fotografa professionista Tanja Brendt che ha realizzato una serie dedicata ai due.

Il gufo Poldi e il suo amico, un pastore tedesco che lo segue dappertutto. A fotografare i due animali è stata la fotografa professionista Tanja Brandt che ha realizzato un’intera serie di scatti che ha come soggetto il cane e il pennuto.

Il blog Boredpanda segue tendenze, che si tratti di news, foto oppure opinioni. Così non poteva ignorare gli scatti che hanno fatto impazzire il web negli ultimi mesi: quelli che hanno come protagonista il gufo Poldi e il suo amico a quattro zampe. Il pennuto si ripara dalla pioggia sotto un fungo oppure se ne va in giro per la campagna con il cane che non gli toglie un attimo gli occhi di dosso. È un pastore tedesco, e fa da guardia a Poldi 24 ore su 24. Bored Panda voleva capire quale storia ci fosse dietro agli scatti, di chi fossero quegli animali e perché mai si fosse formata na così strana coppia. L’ha chiesto, in una lunga intervista, all’autrice dello scatto, la fotografa tedesca Tanja Brandt.

Soldi dietro la macchina fotografica di Tanja Brandt, fotografa professionista di animali e sua padrona.

Soldi dietro la macchina fotografica di Tanja Brandt, fotografa professionista di animali e sua padrona.

Continua a leggere

MERCOLEDÌ 25/11

Il festival delle luci di Amsterdam. Durante quest'occasione la città si trasforma in un palcoscenico per artisti e designers che sperimentano con la luce. Foto di Janet Echelman

Il festival delle luci di Amsterdam. Durante quest’occasione la città si trasforma in un palcoscenico per artisti e designers che sperimentano con la luce. Foto di Janet Echelman

Lampadine e colori sfidano il buio delle notti olandesi nella capitale Amsterdam. Dal 28 novembre al 17 gennaio, nella città, tra canali e palazzi pittoreschi, torna l’Amsterdam Light Festival, il festival delle luci e del design. Il tema dell’edizione di quest’anno è l’amicizia. Le illuminazioni si troveranno sia lungo le vie d’acqua sia nelle strade. La camminata chiamata “Illuminade” offrirà, tra le piccole vie della città, 20 istallazioni luminose accompagnate da opere d’arte tutt’intorno in un gioco di colori e in un’atmosfera che da anni incantano l’Olanda nel periodo natalizio. Tra i canali invece, dal 28 novembre, sarà possibile partecipare al Water Colors: un giro di 75 minuti su uno dei piccoli battelli turistici che porta i visitatori tra le luci e l’acqua. Le imbarcazioni partono tutti i giorni dalle 17 alle 22, tranne la notte di capodanno, in cui rimangono ferme.

Speciale Bruxelles 2 – Sotto assedio ma viva

Mentre nella notte fra il 22 e il 23 novembre, in una Bruxelles blindata, venivano fermate 16 persone sospettate di essere terroristi, il mondo dei social si attrezzava per sconfiggere ansia e paura. I militari sono nelle strade della capitale belga, le scuole e le università restano chiuse. La metro non va, i tram nemmeno. Eppure i cittadini tentano di reagire e lo fanno anche con le foto: su Instagram è stato lanciato l’hashtag #welovebrussels. Questo contenitore digitale raccoglie tutti gli scatti di chi vuole condividere un momento di gioia nella città sotto assedio, dove si pensa ci siano terroristi pronti a entrare in azione sulla falsa riga degli attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre. Si fotografano le vie, i panorami o un semplice pomeriggio fra amici. La foto che sicuramente infonde più tranquillità e speranza però, è quella realizzata dall’account Brusselslives che ritrae una coppia mentre, da un tetto, guarda la città che si stende tutt’intorno. Non importa se le strade li sotto sono chiuse, e se la paura attanaglia e blocca per la prima volta nella storia una capitale europea. A guardare Bruxelles nella sua bellezza eterna, c’è ancora da sperare.

Speciale Bruxelles – La città fantasma protetta dai militari

Due militari pattugliano le strade di Bruxelles. Nella capitale del Belgio l'allerta è al massimo livello (numero 4) dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso. Foto Ansa

Due militari pattugliano le strade di Bruxelles. Nella capitale del Belgio l’allerta è al massimo livello (numero 4) dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso. Foto Ansa

Bruxelles in allerta, con un allarme anti-terrorismo massimo: 4 su 4. La capitale belga, da sabato 21 novembre, è blindata. I militari pattugliano ogni angolo, i cinema e i grandi magazzini sono stati chiusi così come le linee della metropolitana e quelle dei tram sotterranei. I concerti e gli eventi pubblici sono stati rinviati, mentre alla popolazione, il governo ha chiesto di evitare i luoghi affollati. Il ministro dell’Interno e vice primo ministro, Jan Jambon, ha dichiarato che “l’allarme rientrerà quando sarà ridotta la minaccia”. A Bruxelles si temono attentati sulla falsa riga di quelli di venerdì 13 novembre avvenuti a Parigi e costati la vita a 130 persone. Un filo rosso lega la capitale francese a quella belga, secondo quanto sostengono i servizi segreti dei due Paesi. Proprio in Belgio,  secondo quanto riportato dai media internazionali,  si nasconderebbe Salah Abdeslam, uno degli attentatori di Parigi in fuga. Il fratello del jihadista, estraneo ai fatti, ha detto che Salah “non è lontano e ha avuto dei ripensamenti, è molto intelligente, sa qual è la scelta giusta da fare”.

“Cerchiamo molteplici sospetti, è per questo che abbiamo messo in campo una simile concentrazione di risorse”, ha spiegato il ministro degli Interni belga. Sarebbero infatti dai dieci ai dodici i terroristi ricercati a Bruxelles e dintorni.  Ed è proprio per prevenire le azioni di questi jihadisti che la città è stata blindata, e che in ogni via è stata messa la sorveglianza di pattuglie militari. Scrutano e proteggono le strade a tre a tre, due fanti e un uomo della cavalleria. Intanto nelle case degli abitanti risuona l’avvertimento del governo alla tv: “Raccomandiamo a tutti i cittadini di rispettare le consegne di sicurezza e tenersi informarsi sui canali ufficiali”. E, per i pochi che passeggiano ancora per le strade, la sensazione è solo una: quella di ritrovarsi nel bel mezzo di una città fantasma.

National Geographic racconta la Storia – La mostra milanese da non perdere

Nepal, 1963 Fotografia di Luther Jerstad. Barry Bishop di National Geographic posa con la bandiera montata su una piccozza in cima all'Everest.Altri scatti storici della rivista sono in mostra a Milano fino al 14 febbraio 2016.

Nepal, 1963
Fotografia di Luther Jerstad.
Barry Bishop di National Geographic posa con la bandiera montata su una piccozza in cima all’Everest.Altri scatti storici della rivista sono in mostra a Milano fino al 14 febbraio 2016.

Hanno conquistato il Polo Nord e il Polo Sud. Si sono arrampicati sull’Everest, hanno fotografato in notturna, a colori e in condizioni estreme. Hanno immortalato il decollo dell’Apollo 11 e si sono trovati facci a faccia con gli animali più strani e temibili. L’avventura dei fotografi di National Geographic è iniziata nel 1888 e da allora la rivista che ha ospitato le foto più famose di sempre ha raccontato per immagini le tappe fondamentali di più di un secolo di storia. A ricordare queste tappe, al Museo di storia naturale di Milano, c’è una mostra dal titolo “National Geographic. La storia, la fotografia, le esplorazioni” che, fino al 14 febbraio 2016, attraverso scatti storici, ricostruisce le avventure di questo gigante dell’editoria dagli inizi alle imprese più recenti.

Quel lontano 1888 i membri della National Geographic Society erano solo 33, per lo più scienziati e intellettuali. Fra di loro non c’era nemmeno un fotografo professionista, anche perché le grandi scoperte in campo di luce e immagini stavano avvenendo proprio in quegli anni. Lo scopo era solo uno: documentare grandi imprese sia in campo scientifico che esplorativo e regalare le immagini di quelle avventure al mondo. Oggi poco di quello spirito è cambiato, solo che dietro l’obiettivo non ci sono più ammiragli, scalatori o astronauti, ma fotografi professionisti con anni di esperienza alle spalle. Lo spirito dell’avventura resta, ma i colori si fanno più brillanti, le immagini più nitide man mano che gli anni passano. Dalle foto in bianco e nero della prima esplorazione al Polo Nord, del 1909, si arriva allo scintillio degli scatti di nomi della fotografia moderna come Steve McCurry o Ed Kashi. Perché la Storia è un fiume in piena, ma la fotografia lo ferma in istantanee che diventano veri e propri ricordi indelebili, immagini fisse con cui ricordare tappe fondamentali. Che si tratti della prima Intifada o del decollo di un’astronave, così come di una gita sulla slitta trainata dai cani in mezzo alla neve o dell’inseguimento di un tornado.

All’interno della mostra non è possibile scattare foto, appena si tenta di farlo arriva un guardiano che sbraita: “Se fai una foto poi ti chiediamo i diritti, e parliamo di migliaia di euro”. Fortunatamente il web offre molte scorciatoie e i fotografi in mostra hanno siti web su cui si possono ammirare tutte le immagini. Eccone qui alcune delle più impressionanti

 

GIOVEDÌ 19/11

I fotografi Elliott Erwitt e Steve McCurry all'inaugurazione della mostra India del secondo.

I fotografi Elliott Erwitt e Steve McCurry all’inaugurazione della mostra indiana del secondo. Rubin Museum, New York.

Due mostri sacri della fotografia: Elliott Erwitt, irriverente e sarcastico e Steve McCurry, algido e sicuro di sé. La coppia si è riunita in occasione dell’inaugurazione della nuova mostra di McCurry: un’esposizione che ha come tematica centrale quella dell’India e che viene ospitata a New York dal Rubin Museum. McCurry ha pubblicato questo scatto con l’amico e il collega sul suo profilo Facebook ufficiale, e nella didascalia ha ricordato: “Elliott è stato un mentore quando io ero un giovane fotografo, ed è stato una fonte di consigli e incoraggiamento in tutti questi anni”.

MERCOLEDÌ 18/11

Una foto del Bataclan prima che i terroristi facessero irruzione nel locale il 13 novembre 2015.

Una foto del Bataclan prima che i terroristi facessero irruzione nel locale il 13 novembre 2015.

Quest’istantanea ha fatto il giro del mondo. Dal palco della sala concerti Bataclan, oggi nota come luogo della carneficina degli attacchi terroristici di Parigi, si vede una folla felice. Quella tipica dei concerti, quella dei ragazzi sorridenti e spensierati, che saltano e cantano al ritmo della band che si esibisce sul palco. Pochi istanti dopo che questa foto è stata scattata però, va in scena la tragedia. Gli jihadisti fanno irruzione al Bataclan, al piano inferiore. Sparano sulla folla, scoppia il panico. I primi ad essere colpiti, alla schiena, sono gli spettatori più lontani dal palco. Altri cadono a terra feriti, fingendosi morti per scampare ai proiettili. Poi i terroristi salgono al piano di sopra, e sparano ancora. Mentre gli uomini del terrore sono impegnati nella carneficina al secondo piano, un gruppo di ragazzi abbastanza lucidi da riuscire a elaborare un piano di fuga, corrono fuori, passando per l’ingresso principale. Si trascinano dietro gli amici feriti, forse qualcuno già morto. Poi la strage continua, i colpi si susseguono e la missione dei terroristi da attentato si trasforma in esecuzione. “Ci sparano a uno a uno”, si leggeva la notte del 13 novembre su Twitter, dove i superstiti incitavano le forze dell’ordine a “fare presto”. Il blitz delle forze speciali francesi arriva solo intorno alla mezzanotte, quando ormai è troppo tardi. Al Bataclan quella sera erano in 1500, ma più di 100 non hanno fatto ritorno a casa. Sono quei ragazzi che un attimo prima dell’irruzione saltavano felici a ritmo di musica, e che poi sono caduti, schiacciati dai colpi dell’odio.

MARTEDÌ 17/11

  
C’è un mistero che aleggia fra le foreste della Polonia. È quello dei 400 pini dai tronchi piegati, che sono stati piantati negli anni 30 e che nella loro crescita hanno mostrato qualcosa di insolito. Il tronco si è curvato in avanti, fino ad appogiarsi al terreno, e poi inizia a salire verso il cielo. L’immagine complessiva è buffa e non c’è nessun altro luogo al mondo in cui si possa vedere questo spettacolo. Si pensa che la strana forma sia dovuta all’intervento umano sugli albero, ma nessuno sa come e quando questo sia avvenuto.  

LUNEDÌ 16/11 – Speciale Parigi sotto attacco

Parigi sotto assedio. La sera di venerdì 13 novembre 3 commando di terroristi dell'Isis hanno assaltato bar, ristoranti, lo state de France e il locale da concerti Bataclan. La Francia piange 129 morti. ora la capitale è presidiata da militari dell'esercito francese.

Parigi sotto assedio. La sera di venerdì 13 novembre 3 commando di terroristi dell’Isis hanno assaltato bar, ristoranti, lo state de France e il locale da concerti Bataclan. La Francia piange 129 morti. ora la capitale è presidiata da militari dell’esercito francese.

I morti sono 129, i feriti 352, di cui almeno 80 gravi.  Lottano cioè fra la vita e la morte. I numeri degli attentati terroristici di venerdì 13 novembre sera, a Parigi, sono impietosi. Non lasciano dubbi: una carneficina. E nel cuore della Francia torna la paura, torna l’angoscia, torna la privazione della libertà.

L’assalto allo stadio e ai locali – A nemmeno un anno dall’11 gennaio 2015, il giorno in cui ci fu la strage nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, il cuore pulsante di una nazione torna a sanguinare. Le ferite gliele hanno inflitte i kamikaze dell’Isis che hanno assaltato lo stade de France, dove era in corso l’amichevole Francia-Germania e che si sono fatti saltare in aria nei dintorni. Poi il sangue ha iniziato a sgorgare nel decimo e nell’undicesimo arrondissement, ovvero nei quartieri più vivi il venerdì sera. Gli uomini del terrore, vestiti di nero e incappucciati, sono arrivati in macchina davanti ai caffè affollati di ragazzi. Sono scesi e hanno aperto il fuoco. C’è chi è riuscito a rifugiarsi, a scappare. E c’è chi, impotente, è stato falciato dai colpi. Gli spari dei kalashnikov hanno riecheggiato fra i tavolini dei locali Le Petit Cambodge, Le Carillon e La Casa Nostra. (Qui alcune foto, immagini forti).

La carneficina al Bataclan – In contemporanea, un altro commando (in tutto pare che gli attentatori fossero divisi in tre gruppi) faceva irruzione al Bataclan, storica sala da concerti nel cuore di Parigi, a pochi passi da Place de la Republique. La sera di venerdì, la band degli Eagles of Death Metal si stava esibendo sul palco circondata da 1.500 persone, per lo più ragazzi, che saltavano e ballavano a ritmo di musica. Alle 21.49 però, la musica viene interrotta da colpi di arma da fuoco, raffiche di proiettili che falciano l’aria e i corpi di chi si trovava più vicino all’ingresso. Sono arrivati i terroristi che, entrati dall’ingresso principale, si sono guardati attorno un attimo, poi si sono calati i passamontagna neri sul volto e hanno iniziato a sparare. “Allah è grande”, pare che abbiano urlato, prima di iniziare la carneficina. Alcuni ragazzi sono riusciti a fuggire passando dietro le quinte, altri si sono appesi fuori dalle finestre. Molti hanno aspettato che i terroristi salissero al piano superiore e sono corsi fuori, calpestando i cadaveri di chi era stato ucciso dalle raffiche di kalashnikov. Una volta fuori, feriti, impauriti e sotto choc, si guardavano i piedi, con le scarpe insanguinate e ripetevano: “Questo non è il mio sangue, dentro è pieno di morti”. Chi non è riuscito a scappare è stato freddato dagli attentatori. “Ci stanno ammazzando a uno a uno”, scrivevano i giovani dai loro cellulari alle famiglie. Dei 1500 spettatori, 82 non sono tornati a casa. Fra le vittime, anche una ragazza italiana, Valeria Solesin, a Parigi da quattro anni per un dottorato.

I corpi di alcune delle vittime giacciono fuori dal Bataclan

I corpi di alcune delle vittime giacciono fuori dal Bataclan

I terroristi – Sull’identità dei terroristi la polizia francese ha raccolto poche, ma fondamentali, informazioni. Secondo quanto ricostruito dai testimoni, si tratterebbe di ragazzi giovani, esperti combattenti, con il sangue freddo e la voglia d’uccidere nell’anima. Uno degli 8 terroristi, questo il numero ipotizzato dalle autorità, è un francese, nato nel 1985 in una balnei parigina ma già noto alle forze dell’ordine per reati comuni e per le sue posizioni estremiste e vicine all’Isis. Di lui è stato ritrovato solo un dito dopo che si è fatto esplodere, ma è bastato alla scientifica per identificare la sua identità. Vicino al cadavere di un altro dei jihadisti è stato trovato un passaporto che potrebbe cambiare le sorti dell’Europa. Certifica l’ingresso di un siriano 25enne in Francia lo scorso 3 ottobre. Il suo status: rifugiato. Il luogo d’ingresso: l’isola greca di Lero, dove era arrivato da migrante. Uno dei terroristi non si è fatto esplodere e non è stato freddato dalla polizia: è caccia all’uomo e le autorità hanno diffuso le sue foto.

La reazione – Intanto, dopo la paura e lo choc, Parigi si rialza. Ancora una volta la ville Lumiere è chiamata a non cedere alla paura, a non fare il gioco di chi la vuole in ginocchio, distrutta. L’Isis, che ah rivendicato gli attentati, ha detto che questa è solo “La prima goccia della tempesta. I prossimi obiettivi saranno Londra, Washington e poi Roma”. Ma Parigi non si lascia intimorire, e mentre nella sede di medicina legale, il via vai di famiglie e paramedici non si ferma perché i cadaveri da trasportare e identificare sono ancora moltissimi, il resto della popolazione scende in strada. Porta fiori davanti ai luoghi del massacro, si riunisce nel dolore, cammina silenziosa in una città svuotata di vita. Con i musei e le scuole chiuse, con la Tour Eiffel presidiata dall’esercito così come avviene per l’Eliseo dove si discutono le prossime mosse militari della Francia. “Se continuerete a bombardare in Siria, gli attacchi continueranno”, dice l’Isis. Ma un’azione è necessaria, e i francesi non sembrano volersi tirare indietro. E mentre Parigi guarda stupita ma fiera l’ennesima ferita, le note di un pianoforte, che un ragazzo italiano ha portato in strada, quanto più vicino poteva al Bataclan, suonano Imagine, di Lennon, per dire che la pace, anche in un mondo così violento, è ciò in cui ancora si deve, e si può sperare.

Nel resto del mondo – Al cordoglio francese si sono uniti tutti i Paesi occidentali e non solo. In tutto il mondo i monumenti simbolo delle grandi città hanno proiettato i colori della bandiera francese. Ci voleva una Parigi sotto assedio per ricordare quanto solo le democrazie unite potranno sconfiggere la barbarie dell’Islam estremista.