GIOVEDÌ 30/04

Blue room, Monrovia, Liberia. Scatto vincitore dell’Iris d’Or e della categoria attualità dei Sony Awards 2015. Foto di John Moore

Blue room, Monrovia, Liberia. Scatto vincitore dell’Iris d’Or e della categoria attualità dei Sony Awards 2015. Foto di John Moore

Un’epidemia senza precedenti. La si conosce come Ebola, in tutto il mondo. Più di 10mila morti e tanta paura. Tutto è iniziato la scorsa estate quando in Liberia si è diffuso questo nuovo tipo di virus. Letale e trasmissibile attraverso i liquidi corporei, la malattia in Africa si è diffusa rapida. Da agosto a ottobre l’allerta in tutto il mondo è stata altissima ma la situazione più critica rimaneva lì, dove il virus era nato. Le foto che hanno fatto il giro del mondo non hanno bisogno di commenti. E molti sono stati i riconoscimenti andati a quei fotografi che hanno rischiato la vita per scattare. Ultimo su tutti John Moore che si è aggiudicato, lo scorso 26 aprile, il Sony Awards 2015. Lo scatto parla da solo. Una donna guarda disperata un cadavere davanti a lei, impotente, dilaniata dal dolore. L’immagine è straziante, forte. Tanto che gli stessi giudici del Sony Awards hanno detto:”La foto ritrae il dramma quotidiano delle vite di queste persone che combattono contro un nemico invisibile”. E, la foto da poco premiata, dà un pretesto per riflettere sulla situazione Ebola oggi. Più di 10mila morti, il contagio non ancora finito ma che sembra arrestarsi. Si potrebbe riassumere così lo stato delle cose. Con il numero dei decessi che cala nelle zone più colpite e i controlli internazionali che rimangono alti. E, in mezzo a tanto dolore, una notizia felice. È arrivato un premio a Medici senza frontiere (Msf) per l’impegno e la lotta all’epidemia. La Società europea di microbiologia clinica e della malattie infettive (Escmid), riunita a Copenhagen questa settimana, ha assegnato a  Msf l”Excellence Award’ per il grande lavoro fatto in Africa. Perché con gli sforzi d’insieme, e tanto coraggio, si può arrivare a un risultato.

MERCOLEDÌ 29/04

Un momento delle proteste di Baltimora di questi giorni. Foto del Baltimore Sun

Un momento delle proteste di Baltimora di questi giorni. Foto del Baltimore Sun

Un ragazzo nero urla contro un poliziotto bianco. Gli va a pochi centimetri dalla faccia, è arrabbiato. Quante volte abbiamo già visto questa scena negli Usa dopo l’omicidio di Michael Brown? Tante. Questa volta da Ferguson, Missouri e New York, le proteste si sono spostate a Baltimora e il problema della questione razziale continua, divampa. A Baltimora tutto è iniziato con l’omicidio di Freddie Gray, un ragazzo nero di 25 anni morto nei giorni scorsi quando era in stato di arresto. Sembra che gli agenti lo abbiano picchiato fino a lesionargli la spina dorsale. Lo sdegno della comunità – non solo nera – della città è arrivata subito dopo la cerimonia d’addio a Gray. Secondo la polizia i manifestanti avrebbero iniziato a lanciare pietre contro gli agenti e a insultarli. E poi negozi bruciati, vetrine spaccate. Scene già viste che si ripropongono ai nostri occhi ogni volta che la questione razziale ritorna al centro del dibattito.

Secondo il Baltimore Sun, giornale locale, sono state arrestate 36 persone e 6 agenti sono rimasti feriti durante gli scontri. Fermato anche il fotografo Sait Serkan Gurbuz. Ha detto “stavo solo facendo delle foto”, a sua giustifica, mentre veniva circondato dalla polizia in strada e il suo reportage finiva lì, nelle vie da cui poco prima scattava foto, come questa, per Reuters

MARTEDÌ 28/04

“Orrible news from Nepal. Sending love in these hard times”. Questo il commento su Instagram del fotografo Renan Ozturk che esprime la sua solidarietà al Nepal dopo il terribile terremoto di sabato scorso.

Continuano le scosse e continua la conta dei morti in Nepal dove, sabato scorso, un terremoto ha colpito la capitale Kathmandu e le zone circostanti. Più di 4000 le vittime, molte delle quali erano abitanti delle aree rurali. Le loro fragili case si sono disfatte e non c’è stato nulla da fare. Un terremoto fortissimo quello nepalese, con una magnitudo di 7.9. Un terremoto che ha fatto aprire strade, solcato villaggi, raso al suolo interi centri abitati. Una scossa che si è sentita anche in India dove il numero dei morti sale oggi a più di 60. E anche l’Himalaya non è stata risparmiata. La grande montagna innevata ha tremato e diverse valanghe sono cadute verso valle, una delle quali ha travolto un campo base. Anche sull’Everest il sisma ha portato a una situazione di allarme con circa 100 scalatori bloccati sulla montagna e recuperati dagli elicotteri.

Ed è di ieri la triste notizia che due italiani, Renzo Benedetto e Marco Pojer, sono morti sabato travolti dalla frana che li ha sorpresi mentre si trovavano a 3.500 metri di quota sul sentiero del Langtang Trek, a nord di Kathmandu, per un trekking.

Intanto la comunità internazionale lavora senza sosta per portare aiuti, soprattutto ai bambini sfollati che non hanno più una casa dove andare. Il fotografo, film maker e scalatore Renan Ozturk, ricorda sulla sua pagina Instagram, con la foto scelta oggi, la forza del popolo del Nepal e manda un incoraggiamento a tutti i suoi abitanti, lui che su quelle montagne mozzafiato c’è stato più e più volte.

Sui media le foto della tragedia sono molte, e alcune sono già diventate il simbolo della tragedia nepalese, vediamo qui le due più postate sul web

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LUNEDÌ 27/04 – L’avventura di National Geographic

Un uomo e il suo kayak affrontano le cascate di Veracruz, in Messico. Foto di Alfredo Martinez

Un uomo e il suo kayak affrontano le cascate di Veracruz, in Messico. Foto di Alfredo Martinez

Il National Geographic ogni settimana propone le “foto-avventura” raccolte da professionisti in tutto il mondo.”Sei in cima,il tuo cuore batte forte, l’adrenalina sale”, dice Dane Jackson, kayaker protagonista di questo scatto scelto alla fine della scorsa settimana e con cui inauguriamo quella che viene. Uno strapiombo d’acqua quello che si è parato davanti al suo kayak mentre si imbatteva tra le rapide delle cascate messicane di Veracruz. 18 i metri di dislivello, tanto il coraggio. L’ha fatto 14 volte Dane e, quest’ultima, a immortalare la sua impresa c’era il fotografo Alfredo Martinez che di solito più che di sportivi si occupa di immagini di modelle e campagne di moda. Il risultato è magnifico.

“Ogni volta che ti avvicini alla cascata sai che hai la possibilità di girare, ma non lo fai. Non torni indietro. Poi, quando lo strapiombo arriva, pensi solo a mettere il kayak più verticale possibile”, spiega Dane riguardo alla sua impresa. Ribadisce anche che l’unico modo di compiere il salto in maniera sicura è pensare di farcela, avere un grande autocontrollo. E anche un grande allenamento, fisico e psicologico alle spalle.

Dopo la caduta di 18 metri il kayak impatta con l’acqua ma rimanere in equilibrio e riemergere è possibile. Basta “solo” restare calmi.

Come si vince un Pulitzer? Fotografando St. Francisco dall’alto

Una veduta dall'alto di San Francisco. Lo scatto è di Vincent Laforet, premio Pulitzer e fotogiornalista di successo.

Una veduta dall’alto di San Francisco. Lo scatto è di Vincent Laforet, premio Pulitzer e fotogiornalista di successo.

Vincent Laforet è tutto quello che con ogni probabilità un fotogiornalista vorrebbe essere. È giovane, entusiasta e ha mille esperienze alle spalle. “Ho volato centinaia di ore su un elicottero per fotografare i paesaggi più belli del mondo. Michael Jordan, Shaquille O’Neill and Dennis Rodman mi sono caduti addosso mentre li fotografavo a bordo campo. Nelle settimane subito dopo l’11 settembre sono andato in Pakistan come fotografo e membro dello staff The New York TimesHo fotografato i Top Gun americani durante la Seconda Guerra del Golfo”, ricorda nella sua biografia, come se fare tutto questo fosse stato quasi naturale, facile.

Oggi Vincent si diverte a investire in nuove start up e a fotografare per il mondo della pubblicità. Ovviamente i clienti sono di tutto rispetto: Apple, Canon e Adobe, tra gli altri.

Ma quello che più stupisce è la forza degli scatti di questo fotografo. La sua passione per le fotografie aeree l’ha portato addirittura a vincere un Pulitzer. Lui, a tal proposito, ricorda che il suo successo “è merito degli straordinari nuovi eventi che sono successi, dell’evoluzione delle tecniche di story-telling e dell’aver potuto lavorare fianco a fianco con persone che mi hanno ispirato”.

New York, Las Vegas e San Francisco le città che l’hanno stregato e l’hanno convinto a salire in alto per fotografare le loro luci, la loro inarrestabile vita notturna. Per una visione che è nuova e che conquista all’istante. Qui le foto di San Francisco

Ultimo giorno per ammirare gli scatti di Robert Capa a Milano

Anziana donna tra le rovine di Agrigento, 7-18 luglio 1943

Anziana donna tra le rovine di Agrigento, 7-18 luglio 1943

Robert Capa è stato un genio della fotografia, un girovago del mondo, un curioso, come ogni fotoreporter dovrebbe essere. Nato in Ungheria nel 1913, a trent’anni esatti, nel 1943, si trova in Sicilia dove gli Alleati sbarcano per risalire la penisola italiana e sconfiggere fascisti italiani e nazisti tedeschi. Il fotografo la guerra l’aveva già conosciuta in Spagna dove ha documentato il conflitto civile, gli orrori di uno scontro interno a un Paese estremamente complicato da dover raccontare attraverso le immagini.

Non meno facile il compito che Capa si autoassegna quando arriva in Italia. Vuole seguire le truppe americane, la loro risalita dell’Italia. Quest’esperienza è raccontata attraverso 78 suoi scatti allo spazio Oberdan di Milano, fino al 26 aprile 2015. Rigorosamente in bianco e nero, le immagini sono state scattate tutte tra il ’43 e il ’44. Emanano una forza nuova, che viene dalla popolazione italiana mentre accoglie gli Alleati liberatori. Mentre cerca di risollevarsi dalla povertà, dalle umiliazioni subite. È un Sud Italia arido quello di Capa, ma popolato da personaggi unici. Il contrasto tra soldati e uomini comuni stordisce. Capa inquadra nel suo obiettivo soggetti per cui sente una solidarietà forte, un’empatia che nella resa degli scatti traspare. Sono foto di persone, di gente. Sono foto umane.

Per confermare questo, basta leggere quanto Capa ricorda di un episodio vissuto in quegli anni:«Eravamo alla periferia di Palermo, i tedeschi erano stati isolati e ciò che restava delle forze italiane non aveva intenzione di combattere. La jeep che mi ospitava, seguiva i primi carri della seconda divisione corazzata lungo il percorso verso il centro della città. La strada era fiancheggiata da decine di migliaia di siciliani in delirio che agitavano fazzoletti bianchi e bandiere americane fatte in casa con poche stelle e troppe strisce. Avevano tutti un cugino a “Brook-a-leen”. Ero stato all’unanimità riconosciuto come siciliano dalla folla in festa. Ogni rappresentante della popolazione maschile voleva stringermi la mano, le donne più anziane darmi un bacio e le più giovani riempivano la jeep di fiori e frutta».

Da Palermo a Napoli, il ritratto di un’Italia in una delle sue fasi storiche più delicate e significative. Un ritratto fatto di volti, di sensazione umane. L’autore è di tutto rispetto, è il padre del fotogiornalismo moderno, un uomo che ha saputo sacrificare tutto per avere uno scatto. Capa è infatti morto  in Indocina, mentre ne documentava la guerra nel 1954. Per fotografare una colonna militare da un’altura il fotografo ha messo il piede su una mina nascosta ed è rimasto così ucciso. La Magnum Photos, agenzia fotografica storica che aveva fondato con i celebri colleghi Henri Cartier-Bresson, David Seymour e George Rodger nel 1947, piange un collega di una bravura inestimabile. Un amante dello scatto perfetto che potesse raccontare la Storia.

Qui alcuni degli scatti in mostra a Milano

 

Il consiglio della settimana: ammirare i colori della Turchia su Instagram

Una delle spettacolari foto dell’artista turco Serkan Demirci. La sua pagina Instagram è fra le più seguite e consigliate del mondo. Il soggetto del fotografo sono i panorami e i luoghi più suggestivi del suo paese, la Turchia.

Serkan Demirci, un nome che forse, oltre che a non pronunciare bene, non avete mai sentito. E invece Serkan è uno dei più grandi fotografi turchi degli ultimi tempi. Il suo successo lo deve a Instagram dove, con la sua pagina Sserkan34 ha conquistato più di 77mila seguaci. Le foto sono tutte, rigorosamente di paesaggi turchi, con colori che stupiscono, stordiscono per la loro intensità. Che si tratti di un ponte illuminato o di alcune barche attraccate, l’effetto non cambia. Ogni elemento, ogni colore è al posto giusto. Sicuramente Serkan usa gli effetti per modificare le immagini che Instagram mette a disposizione degli utenti, ma ciò non toglie che il risultato sia comunque ottimo.

Se si visita però la pagina ufficiale dell’artista, si rimane sorpresi. Esclusivamente in lingua turca Serkan si propone come fotografo di matrimoni, eventi e circoncisioni. Ha messo a disposizione dei clienti stampe di foto e album e dei suoi paesaggi si ha traccia solo nei link di rimando alla sua pagina Instagram. Scelta di business? Anche se non si può sapere, quello che rimane certo è che molti giornali considerano la sua pagina sul social delle foto una tra le 15 di tutto il mondo da seguire e da queste immagini si può capire perchè

 

GIOVEDÌ 23/04

Foto di Massimo Sestini, vincitore della sezione "news" del Worl Press Photo 2014. Migranti nel 2014. Oggi, nel 2015 sono venti volte tanti.

Foto di Massimo Sestini, vincitore della sezione “news” del Worl Press Photo 2014. Migranti nel 2014. Oggi, nel 2015 sono venti volte tanti.

Nella notte del 18 aprile tra le 700 e le 900 persone sono morte nell’ennesima traversata dalle coste dell’Africa all’Europa. “La tragedia più grande di sempre”, “Mar morto” e altri i titoli dei quotidiani il giorno dopo il naufragio che ha costretto la comunità internazionale a interrogarsi nuovamente, e sul serio, sul fenomeno delle migrazioni da Libia, Egitto e Siria. Troppi sono gli episodi che si susseguono. Sempre la stessa storia. Cambiano solo il luogo di partenza e il numero dei mortii. La dosperazione di chi prova a fuggire da un’esistenza triste rimane il denominatore comune. E, mentre Italia, Europa e addirittura Stati Uniti pensano insieme alle misure da adottare per fronteggiare l’emergenza, un’immagine parla più di ogni altra cosa. È quella del fotografo Massimo Sestini, scattata nel 2014. La visuale è aerea. La fotografia quella di un barcone affollato da migranti, in mezzo al mare, che cercano salvezza lontano dalla terra d’origine. Sono passati appena 12 mesi da quando la foto è stata scattata e ha vinto un World Press Photo, ma nel frattempo i numeri delle migrazioni sono cresciuti veritginosamente. Dal 2014 il numero di arrivi in Italia di clandestini è salito di non una, non due ma ben venti volte. E insieme al crescere delle traversate, cresce il numero delle vittime. Di quelli che terra non l’hanno mai toccata. Questa volta sono stati quasi 900. La prossima quanti saranno?

MERCOLEDÌ 22/04

Il presidente Barack Obama incontra la squadra di football della Ohio State University. Foto della pagina ufficiale instagram Whitehouse

Il presidente Barack Obama incontra la squadra di football della Ohio State University. Foto della pagina ufficiale instagram Whitehouse

Giornata speciale quella di ieri per i ragazzi della Ohio State University che si sono trovati difronte ad un entusiasta Barack Obama. Il team di football dell’università ha vinto il campionato ed era la prima volta per la Ohio State. Obama, appassionato da sempre di football, ha così deciso digitare la squadra alla Casa Bianca. Non poteva non congratularsi. “This was a team of true character, true resilience” (questo è stato un team di vero carattere, di vera resistenza), ha detto Obama mentre sorrideva ai nuovi campioni nazionali. Il Presidente ha anche scherzato con i ragazzi, dicendo al quarterback Cardale Jones che anche lui, nel giardino della Casa Bianca può lanciare una palla a 75 yards. “Ma non mi ha creduto”, ha detto poi Obama continuando a sorridere.

MARTEDÌ 21/04

Il leader nordcoreano Kim Jong-un incontra i piloti dell’areonautica militare sulla montagna Baitou, nella provincia di Ryanggang. (Kcna/Afp)

Il leader nordcoreano Kim Jong-un incontra i piloti dell’areonautica militare sulla montagna Baitou, nella provincia di Ryanggang. (Kcna/Afp)

Ogni tanto ricompare. Kim Jong-Un, la guida politica della Corea del Nord, ama trascorrere del tempo, e farsi fotografare, con i piloti dell’esercito. Li ritiene uomini valorosi, pronti a difendere il Paese, a sacrificarsi per la patria. L’ultima volta che l’avevamo visto con loro stava piantando alberi con i militari a inizio marzo. Immagini di propaganda certo, ma dove il tirannico Kim sorride sempre. L’espansione – soprattutto aerea – d’altronde attira da sempre il giovane leader che, tre mesi fa, pilotava un veivolo per dimostrare la sua forza al suo popolo. Il tutto, corredato dai commenti entusiasti dei giornalisti che si occupavano della telecronaca.