Your Shot, la piattaforma del National Geographic aperta proprio a tutti

Una foto della sezione Your Shot di National Georgaphic, dove tutti gli utenti possono caricare le loro foto.

Una foto della sezione Your Shot di National Georgaphic, dove tutti gli utenti possono caricare le loro foto.

National Geographic è un colosso della fotografia. Si muove fra scatti iconici e storici, innalza la natura a protagonista assoluta. Ed è un gigante dei social: pagine Instagram, forum, blog e anche una community dove tutti, lettori e foto amatori, possono caricare le loro immagini in diretta. Si chiama Your Shot e viaggia su due binari: quello degli assignments (“compiti”) e quello delle stories (storie).

Nel primo, National Geographic chiede ai partecipanti di fotografare scenari ben precisi dove il fotografo si deve immergere a pieno. Quelli più recenti prevedevano ritratti di situazioni dove catturare l’azione, dove ritrarre storie di persone che camminano, di colori primari o di riflessi di luce. Nat Geo da un compito, e migliaia di partecipanti da tutto il mondo provano a svolgerlo per immagini. La partecipazione è sempre altissima, per ogni assignment almeno 15 mila concorrenti caricano le loro foto e aspettano i pareri del fotografo professionista che si occupa di gestire il tutto.

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Per le stories è diverso. Rimane sempre un tema centrale, ma il raccoglitore è più ampio e ci possono entrare anche scatti pubblicati per gli assignments. Dalle immagini di fede, a quelle dei colori, la scelta è vasta.

C’è poi la sezione People, quella degli iscritti ufficiali. Sono 680,068, al 30 gennaio 2016, e vengono da 195 Paesi. Quante foto hanno caricato fino ad ora? Più di 5 milioni. E sono tutti numeri destinati ad aumentare.

VENERDÌ 29/01

Parigi, 28 gennaio. Le attivisti francesi di Femen simulano l'impiccagione per accogliere l'iraniano Rohani. Il loro gesto vuole ricordare le esecuzioni con cui ogni anno si uccidono centinaia di cittadini iraniani.

Parigi, 28 gennaio. Le attiviste francesi di Femen simulano l’impiccagione per accogliere il leader iraniano Hassan Rohani. Il loro gesto vuole condannare la violazione dei diritti umani in Iran.

Un cappio appeso a un ponte. Dalla corda pende una giovane donna, indossa solo gli sleep e sul petto ha dipinta la bandiera iraniana. Si finge morta per ricordare tutte le esecuzioni che sistematicamente sono approvate dal governo iraniano. Un ricordo, un modo per “far sentire a casa” Hassan Rouhani, il leader dell’Iran in visita in questi giorni in Europa. Succede a Parigi, e a ideare questo benvenuto polemico sono le attiviste francesi di Femen che contestano all’Iran la violazione sistematica dei diritti umani. Così, mentre il presidente Rouahni riceveva gli omaggi militari al complesso degli Invalides, poco più in la, all’ombra della  Tour Eiffel  le attiviste inscenavano la protesta.

La tappa parigina è la seconda di Rouhani in Europa, dopo quella italiana dei giorni scorsi. L’Iran, grazie al dialogo aperto dalle diplomazie occidentali, sta siglando importanti contratti energetici sia con Italia che con la Francia. Teheran è un partner fondamentale per le economie dei due Paesi così come è fondamentale che, dopo anni di assenze e sanzioni da parte dell’Europa, Rohani abbia scelto di tornare a investire.

Certo non sono mancate le polemiche. Quello che viene contestato dall’opinione pubblica occidentale è di aver come dimenticato il fatto che l’Iran sia un Paese dove ancora è in vigore la pena di morte e dove le leggi e le punizioni sono severissime. Sembra che gli interessi economici siano passati in primo piano, così come la voglia di far riscoprire all’Iran il mondo dopo anni di sanzioni e chiusura su se stesso. Per questo a Roma le statue nude come la Venere sono state coperte, per non urtare il pudore e la sensibilità di Rouhani, un segno di rispetto quasi dovuto, che in moltissimi non hanno apprezzato. A vendicare le veneri nude però, ci hanno pensato loro, le Femen, e in grande stile. Perchè l’Europa -anche se in sparuti gruppi- una risposta all’intolleranza la da, sempre.

GIOVEDÌ 28/01

Festa di Gaani, Nikki,Benin. Foto di Kevin Perry

Festa di Gaani, Nikki,Benin. Foto di Kevin Perry

Una festa pittoresca, composta da colori vivaci. Costellata di sorrisi ed esibizioni, nella migliore delle usanze dello stato africano del Benin. Succede a Nikki, una cittadina a Nord del Paese dove, ogni anno, si radunano decine e decine di fantini per esibirsi in acrobazie e galoppate davanti al re. L’evento culturale che dura 7 giorni, il più importante di tutta la regione, si chiama Fete de Gaani, dove “gaani” significa, non a caso, danzare.

A fotografare la festa, quest’anno, niente di meno che uno dei fotografi che più conosce, e ama, l’Africa: Kevin Perry.  A Nikki, il suo fotoreportage inizia con un pizzico di fortuna. “Ho avuto la buona sorte di incontrare un paio di giornalisti che seguivano il festival e che mi hanno dato un pass con cui seguirli all’interno, per vedere le esibizioni”, racconta Perry sulla sua pagina Instagram Ventureforthphoto. La fortuna però, non dura a lungo. Non appena il fotografo si posiziona per scattare, e lancia un’ultima occhiata allo schermo della macchina, vede un messaggio che è l’incubo di tutti coloro che operano nel settore: “memory card danneggiata”. Per uno del calibro di Perry significa una cosa come mille immagini perse. Un mix di sconforto e incredulità si dipinge sulla sua faccia. Cosa fare? Tentare comunque di scattare? Perché no. E il coraggio viene premiato. La sera, dopo la fine delle esibizioni, il fotografo chiede aiuto a un paio di tecnici che  riescono a recuperare alcune delle immagini realizzate, poche ma buone. Quelle che bastano per una piccola serie di ritratti dei cavalieri di Nikki e delle loro prodezze davanti al sovrano.

Tra moda e fotografia, l’incontro di due star: Steve McCurry e Valentino

Uno scatto realizzato in Africa, per la collezione primavera 2016 di Valentino, da Steve McCurry.

Uno scatto realizzato in Africa, per la collezione primavera 2016 di Valentino, da Steve McCurry.

Tuniche, piume e colori forti. Gazzelle, zebre e leoni. Questa è l’Africa e, per la primavera 2016, anche la nuova linea guida del marchio di moda Valentino. Gli stilisti Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri si sono ispirati ai suggestivi paesaggi africani per disegnare i modelli di questa firma della moda, conosciuta in tutto il mondo per eccentricità, classe e preziosità dei tessuti. Ma tutto questo non bastava, ci voleva anche una grande resa fotografica per dare alla collezione un tocco in più. Così Valentino ha scelto: “Sarà Steve McCurry a fotografare la campagna”. Niente di meno del fotografo più famoso degli ultimi vent’anni. Niente di meno che uno degli artisti più conosciuti nel settore. Niente di meno che uno dei massimi esperti d’Africa e di scatti su quel tipo di territorio. Così McCurry ha subito accettato, a patto che il punto di vista fosse sensibile, etico.

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LUNEDÌ 25/01

Washington, il 23 gennaio, sotto la neve della tempesta Jones.

Washington, il 23 gennaio, sotto la neve della tempesta Jones. Il Congresso ha sospeso tutti i suoi lavori a causa dei disagi provocati dal maltempo.

Molti l’hanno chiamata la “tempesta perfetta”, per alcuni è solo Jones. Si tratta della perturbazione, un insieme di vento e gelo,  che si è abbattuta sulla costa orientale degli Usa nei giorni appena trascorsi. Da Washington a New York strade bloccate, collegamenti interrotti e tanta, tanta neve a coprire tutto. In molte zone le scuole sono rimaste chiuse fino al 25 gennaio, per sicurezza. Ma le vittime del maltempo non sono mancate e, secondo le prime stime, sono 19 i morti dopo il passaggio di Jones, 3 nella sola New York, colpiti da infarto mentre spalavano la neve.

Disagi anche per le grandi compagnie aeree che hanno cancellato un totale di 12 mila voli, in due giorni. Centinaia di migliaia di persone, inoltre, sono rimaste senza elettricità per ore  e alcune, nel New Jersey, sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni. Di fatto, le prime stime parlano di 1/3 dell’America paralizzata dal maltempo. Per evitare altre vittime, il sindaco di New York Bill de Blasio ha invitato, via Twitter, i cittadini a non uscire se non i casi di estrema urgenza. Ma già si vedono i coraggiosi e i curiosi per le strade della Grande Mela così come di Washington: corrono sulla neve e fanno una passeggiata nel paesaggio imbiancato. Una calma così, d’altronde, si vede di rado da quelle parti.

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Usa, quando la politica si fa su Instagram

Hillary Clinton, candidata democratica alla Casa Bianca e Donald Trump, in vantaggio nei sondaggi per lo schieramento dei repubblicani.

Hillary Clinton, candidata democratica alla Casa Bianca e Donald Trump, in vantaggio nei sondaggi per lo schieramento dei repubblicani.

Se la corsa alla Casa Bianca del 2016 si giocasse tutta su Instagram, il candidato repubblicano Donald Trump sarebbe in vantaggio con più di 800mila follower. Meno popolare sul social network di fotografie, Hillary Clinton, la “nonna d’America”, democratica e decisa a diventare la prima donna Presidente degli StatI Uniti. Per lei i follower sono poco più di 700mila.

È vero, prima che siano ufficialmente Trump e Clinton a sfidarsi, bisogna aspettare l’esito delle primarie, quelle nei vari stati americani, che decideranno se saranno davvero loro i rappresentanti rispettivamente di repubblicani e democratici. I sondaggi li vedono in vantaggio rispetto agli avversari, ma non è detto che i numeri si traducano in voti, e la storia della politica americana l’ha insegnato più volte.

Quello che di certo c’è, è che la battaglia di questa “horse racing” si gioca anche sui social, e forse per la prima volta, su Instagram. Le foto sono uno strumento efficace, semplice. Avvicinano agli elettori, soprattutto ai più giovani, e comunicano qualcosa in più della personalità dei leader. Così la scelta di fare politica anche attraverso le immagini.

Il profilo Instagram di Hillary Clinton (@hillaryclinton) recita, nella didascalia appena sotto al nome: “Doting grandmother, among other things” (nonna infatuata, tra le altre cose). E poi segue un hashtag che fa capire che è proprio lei la candidata alla Casa Bianca: #Hillary2016. Le foto scelte sono molto varie, con la protagonista sempre in primo piano. Hillary parla con Barack Obama, con qualche suo elettore, con i suoi consiglieri e con i bambini. Non mancano nemmeno le foto storiche, perché del passato di questa signora che dal 1993 al 2001 fu la first lady d’America, al fianco del marito Presidente Bill Clinton, non si può certo non parlare. E così ecco che spuntano le immagini di Clinton che parla alle folle, che posa con lei sotto il gigantesco albero di Natale della Casa Bianca. L’incantesimo di quell’amore sotto gli occhi di tutti gli americani si infranse nel 1998 quando scoppiò lo Scandalo Lewinsky. Furono trovate le prove che il Presidente aveva avuto una relazione extraconiugale con una stagista: Monica Lewinsky. Un colpo duro per Hillary, che prima stentò a crederci e poi cedette all’evidenza. Ma su Instagram nessuna traccia del dolore di quegli anni, dell’umiliazione pubblica. Solo ricordi felici. Solo immagini che invoglino l’elettorato americano a votare una nonna innamorata, un ex-segretario di Stato (con la prima amministrazione Obama) capace, una che in politica ci sa fare perché ci lavora da una vita. Il tutto, molto spesso, su sfondo rosso e blu, quello della bandiera americana.

È una storia molto diversa quella di Donal Trump (@realdonaldtrump), il magnate d’America, l’uomo che su mezza New York ha il suo nome che svetta sui grattacieli e un arcipelago di società e proprietà che viaggiano dalle East alla West Coast. Ama fare le cose in grande Trump e così il suo profilo Instagram si colora di folle che lo accolgono nelle università, negli stadi, per le strade. Un fiume di sostenitori lo segue sempre, e lui li ringrazia: mano alzata a salutare e cappellino da baseball calato sulla fronte, o rosso, o blu. È ironico, divertente, fa facce buffe e raccoglie sorrisi. Non mancano però le sferzate all’avversaria, soprattutto per quanto riguarda il tradimento del marito Bill Clinton. Perché Trump in fondo è populista e sa che gli americani, certe brutte storie, certe macchie, non le dimenticano. Ma il magnate sa anche che al suo elettorato piacciono gli slogan, come quello che si è inventato per “costruire un muro di frontiera con il Messico”, o per dire che “Internet non esiste”. Per arrivare a concludere con: “Il cambiamento climatico è una bufala”. Affermazioni che, in forma di cards scritte, costellano il variopinto mondo Instagram di #TrumpTrain.

La Dolce Via di Charles H. Traub, qui si passeggia nell’Italia degli anni ’80

Milano, 1981. Dolce Via, progetto fotografico di Charles H. Traub

Milano, 1981. Dolce Via, progetto fotografico di Charles H. Traub

Le estati torride di Napoli, le vecchiette di Milano a spasso con la pelliccia, la bellezza senza tempo di Roma. L’Italia degli anni ’80 è un quadro, oggi un po’ sbiadito, che prende vita grazie a una macchina fotografica. È quella di Charles H. Traub, il fotografo americano che amava il nostro Paese tanto da trascorrerci lunghissimi periodi di vacanza. Proprio durante quei soggiorni italiani, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, Traub ha un’idea: ritrarre con la sua macchina fotografica i pittoreschi scenari del bel Paese, così unici, così autentici. E allora tutto diventa icona: i gruppi di ragazzini che cercano sollievo dal caldo nell’acqua di una fontana a Napoli. La donna che si rinfresca i piedi con eleganza, in pieno centro a Roma. E poi il grigiore di Milano, con le sue sciure arzille e imbellettate.

Roma, 1981

Roma, 1981

I colori sono pastello, la vita trascorre tra un bagno al mare e una visita ai musei di piazza Duomo di Firenze, dove i ragazzi giocano negli ampi spazi. I paesaggi sono conservati, intatti. La cultura è ancora uniforme, di massa. Questi elementi, come ha raccontato lo stesso Traub in un’intervista a Vice, hanno fatto sì che i suoi scatti  diventassero “sinonimo di un’epoca”.

Scatti realizzati da un fotografo non tanto di strada, quanto più passeggiatore. Che vuole riportare le cose per come le vede, senza filtri, solo quello del suo obiettivo. Tutto nel tentativo di ritrarre la leggerezza tutta italiana di quegli anni, l’apparire, l’ostentazione mischiata alla semplicità dove nessuno, o quasi, rifiutava di farsi fotografare. Tutto questo ha trovato un nome: La Dolce Vita. Traub ha chiamato così il libro in cui documenta il suo viaggio italiano di quegli anni. Un cammino dolce, all’interno di un’epoca dai colori tenui ma che viene ricordata di continuo per la sua unicità.

La curiosità della settimana – “Live outdoors”, quando l’avventura regala migliaia di followers

Una delle foto della pagina Instagram "Live outdoors" cheta totalizzato più di 600 mila follower con le sue foto di viaggi e avventure raccolte in giro per il web.

Una delle foto della pagina Instagram “Live outdoors” cheta totalizzato più di 600 mila follower con le sue foto di viaggi e avventure raccolte in giro per il web.

Paesaggi autunnali dalle mille sfumature, cieli stellati, scenari naturali senza avversari per bellezza e unicità. Sono i soggetti della pagina Instagram Live outdoors (tradotto: vivi all’aperto), un diario multimediale che raccoglie foto da ogni dove, meglio se di avventure in luoghi sconosciuti ai più. I follower, per questi collettori di foto mozzafiato, sono arrivati a più di 600mila, un record se si calcola che le pagine di viaggi come quella della famosissima BBC ne contano appena più di 200mila.

Gli scatti proposti hanno una media di 10 mila like e si alternano tra scenari pittoreschi e coraggiosi sportivi che attraversano laghi o mari con un piccolo kayak, piuttosto che deserti e vallate a piedi o su piccole jeep. Alcune volte capita che portino con sé i loro animali, così ecco comparire nelle foto cani huskie o golden retriever pronti a partire.

Il logo scelto dagli amministratori dice tutto: una montagna innevata su cui campeggiano le due parole chiave, il mantra di ogni esistenza da spirito libero: “Live Outdoors”, vivi all’aperto per l’appunto. Senza limiti, senza confini. Bisogna solo portarsi dietro una macchina fotografica, scattare e condividere. Il web farà il resto.

Nella gallery una selezione di alcuni degli scatti della pagina che hanno raccolto più like

MARTEDÌ 19/01

Tongi, Bangladesh. Raduno del Bishwa Ijtema. Foto Ap

Tongi, Bangladesh. Raduno del Bishwa Ijtema. Foto Ap

Centinaia di fedeli chini a pregare, nelle loro vesti variopinte. Sono talmente tanti che l’autobus che normalmente passa per quelle strade è costretto a fermarsi. Deve aspettare che tutti finiscano la loro preghiera. Succede a Tongi, a 20 chilometri a nord di Dhaka, in Bangladesh. È qui che ha luogo il Bishwa Ijtema, uno dei più grandi raduni annuali musulmani di tutto il mondo. A organizzarlo è il movimento ultraortodosso Jamaat Tabligh che raduna oltre un milione di persone per pregare insieme. I fedeli arrivano da ogni dove: sono 130 i Paesi che partecipano tra cui Cina, Stati Uniti, Pakistan, Malesia e Inghilterra. Le autorità del Bangladesh hanno predisposto 70 tende mediche per far fronte a possibili emergenze e garantire a tutti un servizio sanitario sempre attivo.

LUNEDÌ 18/01

Keyframes by Groupe LAPS. È una delle opere d'arte luminose che ha attratto più visitatori durante il Lumiere London, il festival di luci protagonista della capitale inglese dal 14 al 17 gennaio.

Keyframes by Groupe LAPS. È una delle opere d’arte luminose che ha attratto più visitatori durante il Lumiere London, il festival di luci protagonista della capitale inglese dal 14 al 17 gennaio.

Un esercito di luci ha invaso Londra nel week-end appena passato. Dal 14 al 17 gennaio    il cuore dell’Inghilterra è stato il protagonista di Lumiere London, il festival delle luci che richiama designers e architetti da tutto il mondo. Le esibizioni, fra giochi di scintillii e ombre, hanno coinvolto tutta la città. Dalle vie eleganti di Mayfair, fino a quelle più affollate di Piccadilly, passando per le vetrine di Regent Street e le stradine di St James. Chi passeggiava per le vie del centro si imbatteva di continuo in fantasmi di luce appesi qua e là o a nuvole di colore illuminate sopra le teste di passanti, curiosi e appassionati.

Il Lumiere London è molto conosciuto e ogni anno attira migliaia di visitatori. Quest’anno, per gestire al meglio il flusso di spettatori, la Artichoke, responsabile dell’organizzazione, ha stilato un vero e proprio programma con tutte le opere d’arte da non perdersi. Pare che l’idea, abbinata a una grande campagna promozionale, sia piaciuta molto, forse troppo. I visitatori erano talmente tanti che sabato sera la folla per le strade di Londra, sotto le luminarie, era diventata ingestibile. Così la drastica decisione: spegnere le installazioni di King’s Cross e far tornare tutti a casa con un invito: “Tornate domani, ci sarà meno calca”.

Nella gallery le più belle opere luminose del festival